Ci vuole un certo coraggio per scrivere un appello a Benedetto XVI, Papa teologo e per oltre un ventennio già Prefetto dell’ex Sant’uffizio, spiegandogli le motivazioni dottrinali per cui dovrebbe cancellare un’iniziativa da lui stesso già ufficialmente annunciata: la convocazione di una riunione ad Assisi delle religioni mondiali per invocare la pace. È quanto hanno messo in pagina sul Foglio di ieri nove tra storici e giornalisti di area tradizionalista (tra di loro il professor Roberto de Mattei, Francesco Agnoli e Mario Palmaro), che dopo essersi definiti «cattolici gratissimi dell’opera da lei compiuta » hanno spiegato al Papa perché dovrebbe starsene alla larga dal meeting interreligioso che Benedetto XVI stesso ha convocato. E hanno voluto spiegarglielo non soltanto snocciolando una sfilza di citazioni del magistero - che si presume peraltro non del tutto ignote a uno come Ratzinger - ma anche ricordando al Pontefice i rischi che lui stesso in passato aveva evidenziato in questo genere di incontri. I firmatari dell’appello, criticano pesantemente la riunione di Assisi presieduta da Giovanni Paolo II nell’ottobre 1986. Sostengono che quell’evento rilanciò nel mondo cattolico l’indifferentismo e il relativismo religioso. Ricordano alcuni abusi che allora avvennero (per colpa degli organizzatori, non del Papa) e perciò invitano Benedetto XVI a tornare sui suoi passi perché qualunque cosa dirà, non sarà capita e l’effetto dell’incontro sarà quello di far sembrare tutte le religioni uguali e interscambiabili. Ciò che colpisce dell’appello è il silenzio totale sulla seconda riunione mondiale delle religioni di Assisi, avvenuta nel gennaio 2002, dopo gli attentati alle Torri Gemelle, e ugualmente voluta da Wojtyla. Assisi II, infatti, evitò le sbavature della prima riunione. E a fianco del Papa, nel treno partito dalla Città del Vaticano e diretto verso la città di san Francesco, c’era proprio il cardinale Ratzinger. Il quale, al suo ritorno, scrisse una bella meditazionesull’evento pubblicata dal mensile 30Giorni : «Non si è trattato - osservò - di un’autorappresentazione di religioni che sarebbero intercambiabili tra di loro. Non si è trattato di affermare una uguaglianza delle religioni, che non esiste. Assisi è stata piuttosto l’espressione di un cammino, di una ricerca, del pellegrinaggio per la pace che è tale solo se unita alla giustizia». «Con la loro testimonianza per la pace, con il loro impegno per la pace nella giustizia - continuava Ratzinger - i rappresentanti delle religioni hanno intrapreso, nel limite delle loro possibilità, un cammino che deve essere per tutti un cammino di purificazione». Nel libro Fede Verità e Tolleranza , sempre Ratzinger ha spiegato che pur esistendo «pericoli innegabili» di fraintendimenti, «sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa », che va legata a determinate condizioni e deve rimanere un «segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune grido d’angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio». Ancora, appena due giorni fa, nel discorso al Corpo diplomatico dedicato alla difesa della libertà religiosa, Benedetto XVI ha ricordato che non si può negare «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà».
Ratzinger, ripetendo i gesti di Wojtyla nel 1986 e nel 2002 - la prima volta sotto la minaccia della guerra atomica, la seconda dopo gli attentati di Al Qaeda - vuole questo evento eccezionale per togliere ogni giustificazione a chi strumentalizza il nome di Dio con la violenza e il terrorismo. E per smentire l’idea che le religioni siano un elemento di conflitto e di scontro di civiltà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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