I PROFETI DELLE FALSE ESTINZIONI

Dagli animali alle piante, dalla foresta amazzonica ai ghiacciai polari: gli ambientalisti li danno per spacciati, ma le loro previsioni non si avverano mai

Se pensate che quella che sta ronzando attorno sia un’ape, vi sbagliate di grosso: le api, infatti, «si stanno estinguendo». La prova? «In Italia si sono ridotte del 50%, mentre punte del 70% hanno interessato alcune aree degli Stati Uniti». Di questo passo, per avere il privilegio di vedere un’ape, bisognerà accendere la tv e accontentarsi dell’Ape Maia. Ma guai a buttarla sul ridere. Gli esperti dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e i servizi tecnici (Apat) sono serissimi quando dicono che il responsabile dell’apisterminio è un fenomeno chiamato Colony collapse disorder (Ccd). Risposte chiare e nette anche quando si tratta di risalire «a monte del problema»: tutta colpa di «inquinamento», «desertificazione», «organismi geneticamente modificati». E ti pareva... Del resto, il trio smog-clima-ogm viene puntualmente tirato in ballo ogni volta che i professionisti dell’«estinzionismo» ci spiegano che il mondo è ormai «in procinto di perdere specie animali e vegetali determinanti per il nostro ecosistema».
Ogni associazione ha la sua specializzazione. Gli esperti del Wwf ci raccontano da anni che dobbiamo ormai prepararci «a dire addio» a panda (il simbolo del movimento), lupi, orsi, cinghiali, cervi, tartarughe, ecc. Tutte razze che invece godono di ottima salute; addirittura troppa, se è vero (come nei casi di cinghiali, lupi e cervi) che il numero dei capi è talmente cresciuto da creare problemi per l’habitat. Stesso discorso per la Lipu, il cui cuore batte per le sorti dei volatili: a loro parere sarebbero molte le specie destinate a sparire dalla geografia dei cieli: in realtà - come spiegano gli ornitologi senza la tessera della Lega per la protezione degli uccelli - perfino le rondini, date ciclicamente per desaparecide, continuano a vivere e lottare con noi.
Passiamo ora a Greenpeace, che ha fatto della lotta contro la pesca della balena il suo cavallo (sempre di animali si tratta, no?) di battaglia: statistiche alla mano la popolazione di questi cetacei - negli ultimi dieci anni - è rimasta sostanzialmente stabile; idem per la tigre del Bengala, di cui più volte è stato frettolosamente recitato il de profundis. Neanche le piante se la passano meglio se è vero che alberi come il baobab, la quercia, il pino loricato sono stati a più riprese indicati come «secolari testimoni del passato, ormai condannati a non avere futuro». Inutile precisare come, al contrario, questi «secolari testimoni del passato» continuano ad affondare nel presente le loro solide radici.
Nulla, però, in confronto alla tiritera degli eco-scienziati che da sempre ci terrorizzano con l’assottigliamento della foresta amazzonica e lo scioglimento della calotta glaciale. «Se è vero che ingenti parti della foresta spariscono a causa dell’intervento dell’uomo - spiegano i botanici non Verdi (ma esperti di verde) - è altrettanto vero che notevoli aree della foresta si rigenerano in nuovi territori».


Quanto poi alla sparizione dei ghiacci polari, vale per tutti l’incidente di cui è rimasto vittima il New York Times: qualche tempo fa pubblicò le «foto-choc» della calotta «ridotta della metà» rispetto a 20 anni fa. La settimana dopo, fu costretto a chiedere scusa ai lettori: «Ci dispiace, ma quelle immagini erano false».

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