I signori delle nuvole

In Italia gli esperti di nefologia sono una quindicina. Ma sta dilagando la moda del cloud spotting, con siti e meteo guide per imparare a interpretare le nubi, tra fisica, chimica e un po' di poesia

I signori delle nuvole

Le nuvole sono un po' come il fiume di Eraclito, una mutevolezza che pare inafferrabile: non solo non esiste una nuvola uguale a un'altra, ma la stessa nuvola cambia di continuo, basta un attimo ed è già diversa, è già un'altra nuvola. E allora, come è possibile studiare qualcosa di così effimero?

Si può, o almeno ci provano, alcuni temerari, esperti di una scienza che si chiama «nefologia» e che è, appunto, lo studio delle nuvole, o meglio delle nubi. Non che ci sia differenza, tanto è vero che in inglese c'è un solo termine, cloud, ma «nuvola» è più letterario, popolare, poetico, mentre «nube» è la parola utilizzata dagli studiosi. Come Vincenzo Levizzani, dirigente di ricerca dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr di Bologna e professore di Fisica delle nubi all'Università di Bologna, unica cattedra in Italia. Per il resto, di nuvole nel nostro Paese si occupano all'incirca «una quindicina di persone sparse qua e là» dice Levizzani, che ha appena scritto Il libro delle nuvole (ilSaggiatore), ovvero un «Manuale pratico e teorico per leggere il cielo» e per provare a districarsi fra cirri, cumulonembi, cirrostrati, cumuli, cirrocumuli e nimbostrati. Perché le nuvole sono poetiche, bellissime, e qualche volta spaventose, ma le nubi sono terreno della fisica, della chimica, della biologia.

I signori delle nuvole fissano il cielo, sembrano persi lassù, e invece no, hanno i piedi piantati per terra. Il compito terreno del Fisico delle nubi è, appunto, occuparsi della struttura di questi giganti dell'aria, «come si formano, evolvono e dissipano e producono fenomeni di precipitazione» spiega Levizzani. Già, perché «non tutte le nubi producono pioggia o neve o grandine», e scoprire quali lo facciano, e in quali condizioni, è proprio il cuore di questa scienza e, anche, la sua applicazione pratica più importante. Per esempio esistono «i cumuli di bel tempo, che vediamo nelle giornate estive, che sembrano bambagia, e che non producono precipitazioni, a meno che cresca l'instabilità atmosferica. O i cirri, quei baffi di alta quota, che sembrano pennellate su uno sfondo blu».

L'ORIGINE DI TUTTO

Tutto dipende dalla struttura della nube, ovvero dalle «idrometeore», le goccioline che la compongono e che sono collegate alla condensazione dell'umidità. Che è un punto fondamentale per la formazione della nube, come spiega Levizzani: «Uno pensa che, se in atmosfera c'è del vapore acqueo alla saturazione, allora ci sia anche condensazione, cioè le goccioline. Invece in atmosfera non succede. Le gocce si formano perché in atmosfera c'è anche l'aerosol, le particelle disperse in essa, che sono di tanti tipi: il sale che proviene dalla spuma delle onde; la sabbia dei deserti; quelle che provengono dalle eruzioni vulcaniche; le particelle di cellulosa dalle foreste; e poi batteri e virus, ma soprattutto batteri...». Se la temperatura scende sotto lo zero, al posto delle goccioline si avranno i cristalli di ghiaccio e i loro agglomerati, da cui nascono i fiocchi di neve. Ma non è tutto così semplice e lineare, la nube è «un luogo complesso», in cui non succede come nel nostro frigorifero, ovvero che, sotto lo zero, ci sia ghiaccio ovunque: «Si sono trovate goccioline in nube fino a -38 gradi».

Questo cercano i signori delle nuvole: il «dietro le quinte» di fenomeni bellissimi, a volte estremi. E dire che Levizzani aveva già deciso di occuparsi di astrofisica e di stelle binarie, quando ha incontrato il professor Franco Prodi, «il più giovane dei nove fratelli, grande affabulatore di scienza», che gli ha fatto cambiare idea. Poi Levizzani è andato negli Stati Uniti, per studiare con Hans R. Pruppacher, un genio del mestiere, maestro e mentore di molti colleghi. L'Italia comunque ha il suo ruolo, nella Fisica delle nubi.

STUDIARE L'IMPRENDIBILE

A Bologna, al Cnr, c'è un laboratorio dove si conducono esperimenti: «Ci sono camere fredde, tunnel del vento e possiamo studiare le idrometeore». Pare difficile immaginare degli esperimenti sulle nubi? Levizzani conferma: «Non è facile riprodurle in laboratorio. Ecco perché Pruppacher ha inventato i tunnel del vento verticali: l'aria viene fatta salire e umidificata, o scaldata, per riprodurre quella che forma la nube, poi la filmiamo e la studiamo con comodo». Un'altra cosa difficile da immaginare è che la Terra, il pianeta blu, sia anche «il pianeta nuvoloso»: il 70 per cento della sua superficie è coperto di nubi. Sempre. In ogni momento. Queste nubi sono «importantissime per la regolazione della temperatura del pianeta e l'equilibrio del clima». Così come i fulmini, che tanto ci spaventano, sono fondamentali per mantenere l'equilibrio nella carica elettrica terrestre: se non ci fossero i temporali sarebbero guai, ma Madre natura, previdente, ce ne garantisce circa 250 al secondo, in giro per il globo.

IL CLUB DEL CLOUD SPOTTING

E poi le nuvole influiscono sul nostro barometro emotivo: un cielo terso abbellito da fiocchi di cotone ci mette molto più di buonumore di una volta coperta da nuvoloni scuri. Lo sanno bene i patiti del Cloudspotting, attività diventata celebre da qualche anno, nata ovviamente sotto i cieli d'Inghilterra, dalla quale è nata la Cloud Appreciation Society, un club, con un sito visitatissimo, dove gli adepti imparano a leggere il cielo, a distinguere le nubi, a fotografarle, a interpretarle... Il suo guru è Gavin Pretor-Pinney, autore di Cloudspotting (Guanda), una «guida per i contemplatori di nuvole» che unisce, scienza, arte, letteratura e voglia di perdersi con lo sguardo puntato in alto.

Del resto i signori delle nubi possono ben fare propria la frase di Henry David Thoreau: «Non biasimarmi se parlo con le nuvole». Cirri, cumuli, cumulonembi temporaleschi, cirri d'alta quota che si stagliano alti nel cielo, nubi lenticolari sulle cime, che paiono dischi volanti appollaiati lassù. O una rarità: «Il cappellino, che si vede sulla sommità di una montagna, osservata in lontananza, quando c'è un temporale: è aria calda e umida sopra il cumulonembo, che forma un'altra nuvola. Da sotto, però, è impossibile vederla: c'è solo pioggia». Per osservare le nubi, l'ideale è un picco, anche non elevatissimo così che lo sguardo possa vagare a 360 gradi: «Come sul Monte Cimone, a 2165 metri, qui in Appennino, dove abbiamo il nostro osservatorio».

C'è anche chi alle nubi va molto vicino, anzi ci va addirittura dentro. Per esempio, Levizzani ha passato molti giorni nelle pianure del Nord America, a caccia di tornado, a bordo di veicoli attrezzati, con strumentazioni meteorologiche sul tetto (e, dice, senza avere mai avuto paura): «Più ti avvicini alla nube, più riesci a capire come sia fatta. La corrente ascensionale viaggia a 30/40 metri al secondo, quindi entrare con un aereo è rischioso, ma ci sono degli scriteriati fra noi che lo fanno e vanno a campionare le idrometeore. È così che abbiamo trovato l'acqua liquida a -38 gradi...». Certo si tratta di aerei particolari, velocissimi (per sfuggire subito al pericolo) e con strumenti sensibilissimi sulle ali: «Un volo in una nube può costare qualche migliaio di euro, perciò ora usiamo soprattutto i satelliti, che è quello a cui mi sto dedicando negli ultimi anni: i sensori penetrano nella nube e ne rivelano la composizione, ci dicono se sia precipitante o no, se si stia formando o dissolvendo». E se pensiamo che il Mediterraneo sia immune dalle tempeste tropicali, beh, in realtà esistono i Medicane, un po' più piccoli degli uragani. Studiare le nubi serve per le previsioni ma c'è una sfida ulteriore: cercare di intervenire sulle nuvole, di «cambiare il meteo». Ci sono delle pratiche per inseminare le nubi con dei particolari aerosol e renderle più precipitanti». Sono stati tentati degli esperimenti, finora, ma «su piccola scala», così come quelli per ridurre la nebbia: «Gli esperimenti possibili sono tanti, ma modificare il tempo è qualcosa ancora di là da venire, forse per fortuna...».

Nel frattempo le nuvole, o le nubi, lasciano aperti moltissimi misteri per chi ami osservarle e studiarle e, addirittura, tentare di riprodurle in laboratorio. A tutti noi, senza satelliti e gallerie del vento, per godere della loro bellezza basta alzare gli occhi al cielo.

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