Alla Triennale apre la prima ampia retrospettiva dedicata a Gaetana Emilia Anna Maria Aulenti, detta «la Gae». È un'esposizione teatrale, come lo fu lei. Curata da Giovanni Agosti con Nina Artioli, nipote dell'architetta e direttrice dell'Archivio Aulenti, e con Nina Bassoli, «Gae Aulenti (1927-2012)», apre al pubblico da oggi fino al 12 gennaio: è al posto giusto perché è qui che Aulenti, nata a Biella da emigrati calabresi e poi iscritta (cosa rara, per l'epoca) ad Architettura del Politecnico, da studentessa collabora già nel '51 all'allestimento della IX Triennale, dove conosce l'unico uomo che sposerà, Franco Buzzi Ceriani, e da cui avrà la figlia Giovanna, celebre costumista, che oggi ricorda: «È in Triennale che l'ho accompagnata nell'ottobre del 2012 per ricevere la Medaglia d'oro all'Architettura Italiana due settimane prima che morisse». In mezzo, ci sono sei decenni di vita, passioni (Carlo Ripa di Meana, Raul Gardini), lavoro (all'Olivetti, da «Casabella») e una dimora-studio, che chiamava «tana», nel cuore di Brera, oggi sede dell'archivio. «Ce lo ha lasciato in eredità senza alcuna indicazione precisa confessa la nipote - perché lei era così. Ha vissuto gli anni della malattia come se non ci fosse».
Documenti, appunti, fotografie, riviste, volumi, disegni e oggetti-icona, come la lampada Pipistrello, sono in mostra al pian terreno della Triennale: «Abbiamo pensato a tredici spazi spiega Agosti non disposti come un'infilata di stanze da museo, ma che si incastrano gli uni negli altri, con un retrogusto cubista di cui non potevamo non tenere conto. Picasso era l'artista-feticcio della sua generazione». L'esposizione si apre infatti con l'allestimento «L'arrivo del mare», pensato nel 64 per la Triennale, con gigantografie che riprendono proprio i lavori di Picasso. Da lì si passa attraverso un corridoio di specchi e luci progettato da Aulenti per un negozio Olivetti di Buenos Aires, al roboante showroom della Fiat a Zurigo, accanto al salotto radical chic disegnato per casa Brion sulla Riviera ligure. Al cuore della mostra, l'opera che ha reso Gae Aulenti famosa in tutto il mondo: il rifacimento, da ex stazione che era, del museo d'Orsay di Parigi, a metà degli anni Ottanta. Sollevò un vespaio di polemiche, ma le regalò notorietà (e contratti e contatti, a Parigi). Altra stazione, altre polemiche. Andò così anche sul fine anni Novanta per il nostro piazzale Cadorna, che porta la sua firma, e per altre soluzioni creative: in mostra stranisce l'allestimento, rosso sangue e carni da macello, dell'«Elektra» di Richard Strauss alla Scala nel '94, e colpisce la testa di cavallo da lei voluta per la fermata Museo della stazione metropolitana di Napoli.
Prima ancora che designer e architetto, Gae Aulenti è stata una creativa teatrale: sul palco di un'esistenza in cui il pubblico ha preso a braccetto il privato, ritroviamo in
mostra anche i suoi compagni di strada (Vittorio Gregotti, Pierluigi Cerri, Tullio Pericoli, Rosellina Archinto), ripresi anche nelle carte da gioco edite per l'occasione da Electa, insieme alla guida di accompagnamento.
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