«I soldi per abolire l’Ici si trovano tassando le cooperative rosse»

Il premier: «Queste aziende sono uno scandalo inaccettabile, autentiche finanziarie che arricchiscono i loro vertici, come per Unipol. E sugli appalti aggirano le leggi»

Presidente Berlusconi, lei nel 2001 si presentò agli italiani promettendo una rivoluzione liberale. Oggi l'Italia, secondo lei, è più liberale di cinque anni fa?
«Direi di sì, anche se una rivoluzione liberale, così come anch'io la pensavo nel 2001, non è stata realizzata nella dimensione che avrei voluto perché l'azienda Italia è un'azienda molto complicata, perché abbiamo ereditato troppe cose negative, perché abbiamo governato negli anni più difficili dell'economia europea e abbiamo dovuto fare i conti, da un lato, con alcuni partiti della nostra coalizione che solo a poco a poco si sono convinti - per esempio per quanto riguarda la giustizia - ad arrivare a una vera riforma liberale; dall'altro abbiamo avuto un'opposizione che ha fatto tutto ciò che poteva fare, criticandoci, insultandoci, facendo le barricate in Parlamento, diffondendo pessimismo e catastrofismo, per renderci difficile il nostro lavoro».
Quindi lei oggi ammette che - a causa della crisi economica - non tutto quanto avrebbe voluto fare è stato realizzato?
«Noi abbiamo fatto indubitabilmente molto. Se devo guardare ai risultati, e i risultati si contano anche in riforme strutturali che questo governo ha concretizzato, abbiamo fatto più noi, in meno di 5 anni, che 56 governi precedenti. Potevamo fare di più, si poteva certamente fare anche meglio. Qualche progetto è finito su dei binari morti: ma solo perché all'interno della coalizione non s’è trovato l'accordo. Ho il torto di non essere stato capace di farmi dare il 51% dei voti degli italiani, cosa che invece spero accada in questo weekend. Con una Forza Italia più forte, con una rappresentanza parlamentare ancora più grande del passato, io garantisco che noi questa rivoluzione liberale la porteremo certamente a termine».
Lei dice: colpa degli alleati. Ma come farà a convincerli, se vincerà, nella prossima legislatura?
«Molti passi in avanti sono stati fatti. Erano su posizioni giustizialiste, oggi invece sono più vicini a noi: prendiamo, per esempio, la garanzia per i cittadini di avere un giudice imparziale, cioè non succube dei pubblici ministeri. Pensiamo alla separazione completa dei due ordini: io vorrei che i Pm fossero gli «avvocati dell'accusa» e vorrei avessero gli stessi diritti nei confronti del giudice che hanno gli avvocati della difesa. Questo è importantissimo, perché oggi i giudici, quando devono dire no a un teorema accusatorio di un Pm, devono fare un atto di coraggio perché poi dipendono da quel Pm nelle commissioni che decidono sui loro trasferimenti, sulla loro carriera, sulle azioni disciplinari nei loro confronti. Mi ero proposto questo obiettivo nel 2001, non è stato possibile in questa legislatura. Finalmente ho raggiunto l'accordo con gli alleati e l'abbiamo inserito nel nostro programma futuro».
Visto che lei ha introdotto l'argomento della giustizia arriviamo al nocciolo di una delle accuse più ricorrenti: aver fatto leggi su misura per lei.
«Guardi, io ho fatto solo una legge ad personam: ed è la Carta Oro per gli anziani. Siccome sono vicino a compiere anch'io l'età dell'anzianità, per tutti gli anziani che avranno più di 70 anni questa Carta Oro consentirà di andare al cinema, al teatro, allo stadio gratis, di viaggiare gratuitamente sulle Ferrovie dello Stato e di non pagare il canone della televisione pubblica. Tutte le altre leggi che la sinistra dice ad personam, di cui non ho mai approfittato in alcun modo, sono leggi sacrosante, a tutela dei cittadini».
Giorni fa lei ha detto: c'è stato un assalto da parte della magistratura. Ha accusato la Procura di Milano di nascondere alcune prove che la scagionerebbero nella vicenda Mills.
«Non tanto di nasconderle, quanto di non cercarle. Non cercare delle prove che avrebbero dimostrato, come è stato dimostrato dai documenti che io ieri ho consegnato alla stampa, che il pagamento all’avvocato Mills non era stato fatto dalla Fininvest o da me. Come i Pm sostengono. Bensì da un imprenditore italiano che aveva venduto delle navi e che aveva mandato questi soldi all’avvocato. C'era soltanto da trovare la banca e il conto e il versamento di quei soldi a questo avvocato. Che cosa è successo? O stava per succedere, o si voleva far succedere? Ciò che accadde nel 1994».
L'avviso di garanzia a Napoli?
«Esatto. Accusa da cui io fui assolto per non avere commesso il fatto alcuni anni dopo, ma che fece cadere la nostra coalizione. Scalfaro disse a Bossi: ormai Berlusconi è finito, se non ti togli da quella coalizione finirai nel baratro anche tu. Bossi me l'ha ripetuto tante volte. Questo successe. La Procura di Milano provocò con quell'avviso di garanzia infondato la caduta di un governo votato dagli italiani. Avemmo quindi un vulnus nella storia della Repubblica irrimediabile».
Lei ha fiducia nella magistratura?
«Ho fiducia in molti giudici».
In alcuni no?
«Denuncio quei giudici che usano i loro poteri a fini politici per eliminare l'unico ostacolo che si frappone tra la sinistra e la definitiva presa del potere: Berlusconi e Forza Italia, il principale baluardo della democrazia e della libertà in questo Paese».
Lei ha accusato il centrosinistra di essere il partito delle tasse, cioè di voler tassare le plusvalenze, di voler tassare anche la casa. Perché continua a sostenere questa tesi nonostante Prodi abbia detto che in realtà vuol tassare soltanto i grandi patrimoni?
«Perché questa è una affermazione mendace. E le spiego. Noi ci troviamo di fronte, unico Paese occidentale, una sinistra in cui ci sono ancora tre partiti comunisti che si fregiano orgogliosamente del nome di comunista. E costituiscono il 30% della sinistra. Sono partiti ancora legati a quella ideologia. E che cosa c’entra con le tasse? Nella ideologia comunista si guarda alla proprietà come alla radice di ogni male e si guarda al governo come presa del potere, mantenimento del potere, espansione del potere. Quindi si pensa che la finalità della politica e del governo sia quella della redistribuzione della ricchezza, che non sarebbe male se andasse da chi ha a chi non ha. E questa è la finalità ancora di Bertinotti & C. cioè dei cosiddetti puri della sinistra. Ci sono, poi, invece tutti gli altri che vengono dal Pci, che costituiscono un altro 40% della sinistra che non crede più in niente, che non ha ideali. Questi personaggi pensano di aumentare la pressione fiscale proprio sul ceto medio, su coloro che col loro sacrificio si sono costituiti un patrimonio, una casa, un'impresa, un negozio. Ma questi soldi non servono per aiutare i poveri: la sinistra nei suoi anni di governo non ha fatto nessuna politica sociale. La politica sociale l’abbiamo fatta noi! Alla sinistra questi soldi servono semplicemente per aumentare il potere di chi è al governo, per aumentare il numero di enti, per creare spazi ad amici, e amici degli amici, a pletoriche clientele. A controllare meglio l'economia in modo invasivo e mettere in una gabbia - fatta da un lato di oppressione burocratica e dall'altro di oppressione fiscale - anche i cittadini. Le spiego: nel programma di questa sinistra ci sono 45 nuovi enti di controllo, che comporteranno un aumento della spesa dello Stato. Un’idea completamente opposta alla nostra: noi vogliamo uno Stato leggero, che costi il meno possibile, che dia i migliori servizi possibili, essendosi modernizzato e diventato efficiente per i cittadini».
Perché lei dice che la sinistra vuole tassare al 23% le plusvalenze dei titoli di Stato?
«L'hanno affermato loro. Quando, dovendo trovare i soldi per ridurre il cuneo fiscale a favore delle grandi aziende e i grandi gruppi, dovendo reperire i 10 miliardi necessari, hanno indicato la tassazione al 23% dei Bot e dei Cct...».
Loro hanno detto 20%.
«Io l'ho sentito con le mie orecchie. Ma non ha importanza: è che noi non glielo lasceremo fare. Dicono di voler armonizzare, al 23% Bot, Cct, dividendi e anche interessi sui depositi bancari. Noi, invece, garantiamo in maniera formale ed ufficiale che manterremo sui risparmi degli italiani la tassazione del 12,5% e la estenderemo armonizzandola anche al prelievo fiscale sugli interessi che le banche danno sui conti correnti. Ma non c’è solo questo: la cosa grave riguarda anche la patrimoniale, prevista dalla sinistra, sui patrimoni familiari».
La tassa di successione?
«E sulle donazioni. Anche qui è stato un balletto di cifre diverse. Prodi ha detto: noi tasseremo i patrimoni, la prima volta a Porta a Porta, dai 250mila euro in su».
Ha spiegato che è stata una risposta d'istinto.
«Ha detto la verità, perché gli è venuta dal cuore: è un cattolico dossettiano che condivide con i comunisti l'idea del profitto come qualcosa di ingiusto e l'idea del risparmio come qualcosa da tassare».
Quindi?
«Successivamente Bertinotti, a una mia domanda, da puro, ha detto la verità: 180mila euro, cioè 350 milioni di vecchie lire, il valore di un appartamento di 80 metri in una periferia di una città. Questo è confermato ineludibilmente da un disegno di legge depositato un anno fa e mai ritirato alla Camera, firmato persino da Violante e dai principali protagonisti della sinistra, in cui si abroga la cancellazione della imposta sulle donazioni e dell'imposta sulle successioni che abbiamo fatto noi e si ritorna alla tassazione precedente».
Allora...
«Aspetti, c'è un'altra indiretta conferma da parte di Prodi. Ha fatto una cosa lecitissima e anche ammirevole, ha fatto una donazione ai suoi figli di un miliardo e 600 milioni».
Di vecchie lire.
«Di vecchie lire. I maliziosi possono pensare che, essendo sicuro che poi la sinistra gli imporrà di tassare le donazioni, ha voluto non pagare questa tassa. Facendo una cosa lecita, perché sulla base della legge realizzata dal mio governo ha regalato questo miliardo e 600 milioni legittimamente ai suoi figli senza pagare, come ora succede, nessuna tassa».
Lei ha promesso di ridurre, invece, l'Ici sulla prima casa.
«No, di abolirla. Di abolire completamente un'imposta che ha voluto la sinistra. Scusi, direttore, ma dei cinque anni della sinistra che cosa si ricordano gli italiani? Soltanto delle imposizioni fiscali: l'eurotassa di Prodi che doveva restituire e che non ha restituito, l'Irap di Visco sul lavoro delle aziende. Gli italiani si ricordano della tassa sul medico e dei prelievi di Amato sui depositi bancari, fatti nottetempo. Posso chiederle: che cosa ha fatto la sinistra in quei cinque anni per i poveri? Che cosa ha fatto per gli anziani?».
Sono io che faccio le domande, presidente.
«Io le do le risposte... La sinistra si è sempre riempita retoricamente la bocca di politica sociale, ma non ha mai fatto nulla. L'unica politica sociale è stata portata avanti da me. Ed è stata la migliore che si potesse fare: creare nuovi posti di lavoro, un milione e 560mila. Ora ci sono 22 milioni e 600mila italiani che lavorano: record storico. Abbiamo ridotto a un milione e 700mila i disoccupati...».
Poi arriviamo anche a questo argomento.
«E faremo un altro milione di posti di lavoro nei primi cinque anni. Mi lasci finire sulla seconda cosa: abbiamo aumentato le pensioni a un milione e 800mila anziani...».
Non mi costringa a fare l’Annunziata.
«Abbiamo tolto l'imposta sul reddito personale a 10 milioni di contribuenti e abbiamo tenuto bassa l'inflazione. Abbiamo speso un milione in più per la salute di ogni cittadino. Questa è la vera politica sociale che la sinistra non ha mai fatto».
Mi faccia fare una domanda, però, sulla questione dell'Ici. Ha promesso di abolirla, ma come finanzierà questa legge?
«Intanto la faremo subito con la Finanziaria prossima sulla prima casa e quindi nelle prime sedute del prossimo Consiglio dei ministri. Sono 2,3 miliardi di euro, meno di 5mila miliardi di vecchie lire: non costituiscono un problema. I Comuni intanto dovranno amministrare meglio i soldi degli italiani. Specie i Comuni amministrati dalla sinistra che sperperano in spese generali, non in servizi per il cittadino, in consulenze, in viaggi, in auto blu, che straspendono nella gestione che è una vera mangiatoia per tutte le loro clientele. Nelle nostre città, per esempio a Milano, a Treviso, a Palermo, a Catania, non ci sono enti in perdita. A Milano noi non abbiamo un'azienda municipalizzata che non sia o alla pari o che faccia utili. A Firenze, nelle città dove amministrano loro, queste aziende sono tutte in perdita. Comincino a gestire meglio i soldi pubblici. Pensi a Roma: megaconcerti, megaconvenzioni... Cose fatte soltanto per mantenere il consenso popolare».
Tagli agli enti locali, bene. E poi?
«In Italia ci sono le cooperative rosse che costituiscono uno scandalo assolutamente inaccettabile. Noi tasseremo queste cooperative che non sono vere cooperative fra persone che si mettono insieme per lavorare e che rispettiamo, ma sono ormai delle vere e proprie finanziarie che arricchiscono i loro vertici. Il caso recente dei 100 miliardi sui conti del presidente della Unipol lo dimostra. La stessa Unipol è uno scandalo. Pensi che - per dichiarazione loro - hanno una quota di mercato del 9,6% in Italia. Nelle regioni rosse, con le giunte rosse e nei Comuni rossi, arrivano, in Umbria, all'87% di quote di mercato. In Emilia Romagna sono al 60 e passa per cento. In molti Comuni all'80%. E lo fanno aggirando la legge perché frazionano gli appalti, oppure si presentano a gare a cui non partecipa nessun altro. E c’è poi un balletto indecente delle stesse persone che passano dall'essere funzionari delle cooperative all'essere sindaci, assessori, dirigenti dei Ds e tutto il resto».
Gli enti locali si lamentano per i tagli.
«I Comuni avranno la possibilità di recuperare il 30% su quegli aumenti di dichiarazione dei redditi di quegli italiani che non dichiarano nel 740 quanto guadagnano. E hanno un treno di vita con automobili, due o tre case, barche eccetera che non corrisponde appunto a ciò che dichiarano. E, poi, se un Comune, dimostrando all'Amministrazione centrale dello Stato di avere amministrato bene i suoi soldi, avrà bisogno di aiuti per i servizi, per le scuole, per l'assistenza agli anziani, lo Stato glieli concederà».
Lei ha accusato Confindustria, i grandi giornali, le banche di stare da una parte, cioè quella della sinistra. Perché?
«Basta che lei legga i giornali, Corriere, Repubblica, La Stampa».
Secondo lei davvero questa Confindustria sta da quella parte?
«No, i vertici di Confindustria gestiscono questi giornali insieme con le grandi banche, che ne sono proprietarie, perché, evidentemente, c'è un patto oscuro, certamente non limpido, non trasparente, per cui immagino che, attraverso accordi, con la Cgil o altro, qualche grande impresa si aspetti dei favori da un'amministrazione di sinistra, favori che non ha avuto dal nostro governo liberale che ha amministrato bene i soldi dei cittadini».
L'Economist, un giornale che non è controllato da Confindustria né dalle banche italiane, esce questa settimana con una copertina in cui invita gli italiani a licenziarla.
«L'Economist ha sempre avuto questa posizione, fa comodo ai signori dell'Economist avere un'Italia più debole, un'Italia che tornerebbe indietro, che perderebbe la sua credibilità internazionale, che si consegnerebbe all'instabilità, se ci fosse il governo di questa torre di Babele della sinistra i cui membri, al di là della volontà comune di tassare gli italiani che hanno lavorato e che hanno risparmiato, non sono d'accordo su nulla. Per il resto, l'instabilità che ci sarebbe con la sinistra era l'instabilità che abbiamo trovato noi, perché io ho l'orgoglio di essere riuscito a tenere insieme un governo per cinque anni e di avere prodotto un lavoro enorme. Le racconto questo episodio di Blair, perché è divertente. Tony Blair mi ha confessato che, quando lui riceveva gli altri presidenti del Consiglio, i suoi collaboratori gli dicevano: non dedicare più di mezz'ora perché tanto saranno parole a vuoto, perché la prossima volta quello che verrà sarà un altro».
È pentito di non avere fatto l'accordo con Pannella e con la Bonino?
«No, sono stupefatto per come Pannella - che qualche mese prima aveva detto “se la sinistra arriva al potere io vado fuori dall'Italia” -, un liberista come Pannella, un sostenitore della politica transatlantica, un sostenitore del liberismo in economia, possa essersi messo con questi signori. Pannella con questa sinistra non ha niente da spartire, se non la sua voglia di andare contro la Chiesa cattolica».
Ecco, lei sulla questione dei valori cattolici è recentemente intervenuto, difendendoli. Come si coniuga con la parte liberale della coalizione?
«Il valore della libertà, i valori della nostra tradizione cristiana sono dei valori assolutamente liberali. Il valore della famiglia è un valore assolutamente costituzionale e liberale, perché la famiglia è il pilastro su cui si fonda la nostra società e questa sinistra, che vuole indebolire l'istituto della famiglia, accettando di cambiare addirittura la Costituzione per rendere famiglia anche le coppie di omosessuali, contro cui noi non diciamo nulla di contro; anzi, diciamo che possono regolare i loro rapporti economici sulla base dei contratti che sono tutelati dal Codice civile. Ma questa sinistra in più ha una avversione contro la Chiesa cattolica, vuole cancellare il Concordato, vuole abolire l'8 per mille che, dato alla Chiesa cattolica, si trasforma in tantissime opere meritorie; vuole espungere l'insegnamento della religione cattolica dalle scuole, vuole togliere il Crocefisso dalla parete della Chiesa. Ecco: non vuole lasciare la libertà ai ministri della Chiesa cattolica di esprimere la loro opinione. Io credo che un cattolico credente davvero non possa votare per un partito che sta in questa coalizione».
L'accusano di avere fatto una campagna elettorale troppo aggressiva. Si è pentito di avere dato dei «coglioni a quelli che non voteranno per i propri interessi»?
«Be’, potevo anche usare un altro termine, dire che chi ha costruito un patrimonio, che ha un'azienda e che ha un appartamento eccetera e vota per la sinistra è un autolesionista, è un masochista. Ho usato un linguaggio di gergo corrente, non era riferito agli elettori dell’Unione che, se sono convinti degli ideali della sinistra, fanno benissimo a votare sinistra».
Prodi ha promesso un po' di felicità agli italiani. Lei che cosa promette?
«Prometto uno Stato che garantisca e amplifichi la loro sicurezza, tuteli i loro diritti e possa creare le condizioni affinché la vita di ciascuno, di ogni famiglia, possa svolgersi in condizioni tali da permettere a tutti di aspirare al benessere, di raggiungere la felicità».
E ai giovani che cercano lavoro?
«Proprio per i giovani noi abbiamo fatto così tante cose che nessun governo mai ha fatto. Ai giovani che cercano lavoro noi abbiamo garantito la possibilità di entrare nel lavoro attraverso la flessibilità che consente alle imprese di assumerli senza eccessive preoccupazioni. Poi i giovani si fanno conoscere, si fanno apprezzare e il 70% di quei 200mila giovani che, grazie alla flessibilità della Legge Biagi, ha trovato lavoro che prima non aveva, ha visto entro un anno trasformarsi il contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato. Ma ai giovani dico: non pensate soltanto al posto fisso. Se avete l'imprenditorialità dentro di voi, abbiamo previsto una misura che elimina tutte le imposte e mette solo una piccola imposta del 5% sugli eventuali utili. E potrete ricevere dalle Poste anche dei prestiti per le attività che vorrete iniziare. Perché non abbiamo materie prime: siamo tributari verso l'estero di tutti i costi dell'energia, che sono purtroppo aumentati; abbiamo una materia prima importante, che è il nostro «petrolio»: sono i nostri imprenditori, la loro voglia di rischiare, di lavorare. Perciò dobbiamo insistere affinché i giovani aumentino il numero degli imprenditori di cui noi già disponiamo.

Che lavorando per sé, lavorando per il proprio benessere e per i propri collaboratori, producono quella magia che è propria della libera iniziativa e del libero mercato, che è quella di trasformare l'egoismo di ciascuno nel benessere di tutti».
(Testo raccolto
da Valerio Barghini)

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