da Milano
Come ci si difende dai marosi di questa maledetta crisi finanziaria, economica, bancaria? Ahinoi, poco e male.
Prendiamo, a esempio, il prezzo della benzina: esso è il prodotto tra dollaro e quotazione del petrolio. Quindi la benzina dovrebbe costare oggi un po’ di più, ma non così cara: dal 2005 il petrolio è passato, in media, da 80 a 130 dollari al barile, più 60%; ma il dollaro contro euro è sceso del 40%, da 1,1 a 1,6. La differenza alla pompa dovrebbe essere, dunque di un 20% circa. Invece niente: la verde si comprava a 1,10 al litro, ora è 1,55: più 40 per cento. Non parliamo del diesel, aumentato di oltre il 50 per cento.
Come difendersi, dunque? Andare alla frontiera slovena o svizzera e perdere una giornata per risparmiare qualche decimo di euro? Andare a cercare i distributori low cost della grande distribuzione per risparmiare qualche centesimo? L’unico sistema sicuro è inforcare la bicicletta.
Se poi abbiamo da parte qualche prezioso risparmio, che gli italiani non hanno mai smesso di accumulare, che fare? Investirlo in azioni? Per esempio: il titolo guida di Piazza Affari, le Generali, si compra oggi a 23 euro, il 30% in meno di un anno fa. Tornerà su, prima o poi. Vero. Ma attenzione: prima o poi? Perché «prima» potrebbe anche tornare dove è già stato non più tardi di 5-6 anni fa, a 14 euro. Mentre il «poi» potrebbe metterci altrettanto a verificarsi.
In altri termini, una crisi nera come questa dice a un piccolo risparmiatore una cosa chiara: se vuoi pochi rischi per il tuo capitale stai alla larga dalla Borsa, lasciala a chi lo fa di mestiere. Questi ci guadagnano sempre. Tu ci guadagni solo se hai fortuna. Nel lungo periodo, invece, può anche andare bene. Ma a una sola condizione: investire quella cifra che ci si può permettere di dimenticare nel cassetto per anni.
Viceversa c’è un rifugio più sicuro: il Bot. Il capitale, se si comprano titoli di Stato italiani, è sicuro: fallisce Parmalat, fallisce Cirio e pure l’Argentina, ma l’Italia no. Inoltre il rendimento non è male: l’ultima asta del Bot annuale ha garantito il 4,53% che, al netto della ritenuta fiscale del 12,5%, diventa 3,96 per cento.
A ben guardare, però, c’è poco da stare allegri: questo rendimento finanziario equivale appena a non svalutare il capitale, perché il tasso d’inflazione Istat di giugno è praticamente lo stesso: 3,8 per cento. E se così fosse ci sarebbe ancora da leccarsi i baffi. Ma purtroppo non è così. Basta guardare la vera inflazione: l’ultima rilevazione del «paniere della spesa quotidiana» dell’Istat, limitato a quei prodotti che realmente riguardano il nostro portafogli, è al 5,6 per cento. Il che vuol dire che il nostro Bot ha un rendimento reale negativo dell’1,7% annuo.
In altri termini, investendo oggi in Bot 100mila euro, ogni giorno che passa di qui a un anno si diventa più poveri di 4,65 euro. Ogni singolo giorno. D’altra parte lo Stato non è mica gonzo: qualcuno pensa che ci regali qualcosa? Basta ragionare: per lo Stato il rendimento del Bot non è che il costo del finanziamento del suo debito. Mentre per il cittadino il costo della giacenza del proprio capitale è dato proprio dall’inflazione. Naturale che lo Stato si finanzi a un tasso inferiore a quello dell’inflazione, cioè a un costo inferiore al nostro. Esattamente come una banca!
Non resta che il mattone. L’investimento immobiliare, nel tempo, non tradisce mai: è l’unico valore reale, che incorpora al suo interno l’andamento dei prezzi. Certo, ci saranno momenti (come questo) in cui il mercato si sgonfia. Ma nel lungo termine non ci si può sbagliare: della casa non si può fare a meno. E neanche del box, pare, visto i rendimenti delle locazioni nelle grandi città.
In alternativa, per chi non ha abbastanza soldi o non può pagarsi il mutuo, c’è sempre la possibilità di andare a divertirsi: non rende nulla, ma nemmeno promette di farlo. E, soprattutto, permette di godersi almeno una parte dei risparmi alla faccia della crisi. Magari li butterete via. Ma almeno lo farete come piace a voi.
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