«Ma, scusate, la Tatangelo non ha debuttato a Sanremo a 15 anni? E qualcuno ha alzato il ditino per dire che si sfruttava una ragazzina?». Roberto Cenci, linventore, autore, direttore artistico e voce fuori campo di Io canto (nonché ideatore ed ex autore di Ti lascio una canzone, lo show concorrente di Raiuno), respinge al mittente le accuse che anche questanno fioccano sul suo programma. Le principali: di sfruttare bambini per fare audience, di mandare in onda «piccoli mostri» e di generare false speranze. A queste accuse risponde spesso anche il presentatore Gerry Scotti durante la trasmissione, in onda al venerdì sera su Canale 5. Intanto lo show, nonostante ci sia in onda anche il rivale condotto da Antonella Clerici, sta mantenendo un buon livello di ascolti: venerdì sera, con la partita su Raiuno che è arrivata al 30 per cento di share con 8.287.000 spettatori, ha realizzato il 22,4 per cento e quasi cinque milioni di spettatori.
Dunque, Cenci, questi bambini vivono un sogno o una realtà troppo grande per loro?
«Ma basta guardarli per capire che sono serenissimi e che si divertono un mondo. Per i più piccoli, quelli tra i cinque e i dieci anni, si tratta solo di un gioco. Per i più grandi di unopportunità: perché non possono dar sfogo a una passione? Ramazzotti e la Pausini hanno iniziato giovanissimi».
Però non crede che dopo una ribalta così potente un ragazzino possa illudersi di essere una star o di diventarla?
«Noi cerchiamo in tutti i modi di spiegare loro che si tratta solo di unesperienza da vivere in allegria. Non cerchiamo assolutamente di istigare rivalità, neppure di metterli in competizione, infatti non ci sono eliminazioni, soltanto il vincitore della serata. E li facciamo ruotare molto, proprio perché non diventi un lavoro. Infatti, tra di loro si è instaurata grande solidarietà e amicizia, basta vedere come si incoraggiano lun laltro».
Comunque è impressionante sentire quelle voci potenti che intonano brani di Whitney Houston uscire da corpicini minuscoli.
«Certo, ma è semplicemente talento. Si dice che scimmiottano i grandi cantanti. Invece stiamo attenti ad assegnare i brani adatti a ogni ragazzo: al bimbo di cinque anni facciamo cantare I watussi, a Cristian Imparato testi di Sinatra».
A proposito di Cristian (il ragazzino quattordicenne siciliano dalla voce formidabile): nella scorsa edizione ha vinto una borsa di studio a New York, come è andata?
«E stata unesperienza importante: lui che non ha mai preso lezioni di canto, si è trovato alla New York Film Academy con vocal coach che cercavano di individuare i difetti: in un solo mese è maturato molto. Ora è in trasmissione con noi solo come ospite. E questanno avremo una seconda borsa di studio intitolata a Mike Bongiorno».
In generale, lei che sintende di musica e di Tv, cosa pensa di tutti questi show diventati i veri talent scout? Ormai i produttori televisivi hanno preso il posto della case discografiche...
«Che se sono fatti con coscienza, vanno più che bene. Si sa che le case discografiche sono in crisi e investono poco: se non ci fosse la Tv, per i giovani sarebbe un dramma. Programmi fatti bene come Amici sono il vero trampolino di lancio per i talenti. Ma noi di Io canto non abbiamo questa velleità: non mettiamo in collegamento i ragazzi con i produttori musicali. Sono loro con le famiglie a decidere del loro futuro».
In questi giorni il pubblico si divide tra «Ti lascio una canzone», «Io canto» e «X Factor»: in onda contemporaneamente su tre reti diverse. Lipersfruttamento non fa bene a nessuno...
«La programmazione non compete a me. Io sono solo contento che noi stiamo andando bene, nonostante ci sia questa sovrapposizione e nonostante la forte concorrenza».
Però non le spiace vedere che la sua prima creatura, «Ti lascio una canzone», questanno non raggiunge i risultati splendidi degli altri anni anche perché lei ha realizzato uno show simile sulla rete rivale?
«Io sono un libero professionista che lavora per un progetto, non ero un dipendente Rai.
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