"I versi di Emily Dickinson spuntano dal suo giardino"

La curatrice di fiori e piante della casa a Amherts racconta il rapporto fra la poetessa e la natura

Marta McDowell ha appena finito una lezione di bulbi. «I narcisi stanno arrivando...» dice dalla sua scrivania al Giardino botanico di New York, dove insegna. È stato molti anni fa, mentre guidava in Massachusetts, che ha scoperto di avere una passione in comune con Emily Dickinson: il giardinaggio. «Ho visto un cartellone della sua Casa-museo a Amherst e sono andata a visitarla. Per me è stato come aprire una finestra sulla sua vita e sulla sua poesia che, a volte, trovavo difficile. Non è sempre trasparente e questa, ovviamente, è la sua forza creativa». Da quel momento, McDowell è rimasta «catturata» da questo interesse comune, lo ha esplorato e ha iniziato a collaborare con la Casa-museo, occupandosi del giardino. Ne è nato un volume speciale, ricco di immagini (scelte personalmente dall'autrice), pieno di dettagli su fiori, piante e passioni della grande poetessa: Emily Dickinson e i suoi giardini (L'ippocampo, pagg. 270, euro 19,90).

Che cosa fa come «giardiniera di Casa Dickinson»?

«Una o due volte l'anno vado e, per un weekend, dirigo un gruppo di volontari per aiutare il Museo, che non ha soldi per tutto. Vedo quello che c'è da fare, e poi scaviamo, piantiamo, potiamo, facciamo tutte le cose che servono: esattamente come facevano Emily, la sorella Lavinia, detta Vinnie, e la madre, le quali, ogni giorno, lavoravano lì in giardino».

Da sole?

«Avevano sicuramente degli aiutanti per l'orto e il frutteto, e anche per il giardino di fiori, anche perché il padre era ricco abbastanza da permetterselo. E avevano aiuti anche in casa: per fare poesia ci vuole tempo, e Emily aveva tempo».

Il giardino era una passione di famiglia?

«Sì, tutti erano appassionati di natura e di cultura, in vari modi. Il padre amava la frutta e la verdura, la madre le rose e i fichi. Che non sono così facili da coltivare, in Massachusetts, perché fa freddo...».

Emily conosceva bene le piante?

«Aveva studiato botanica a scuola, perché all'epoca era considerata una scienza accettabile per le donne. Aveva un libro di testo, conosceva la terminologia e collezionava fiori e piante in modo meticoloso. Soprattutto i fiori sono una metafora e un tema costante nella sua vita».

Nella Casa ci sono due giardini.

«Sì, c'è quello esterno e poi ce n'è uno interno, un giardino d'inverno piccolo ma molto ben attrezzato: le donne di una certa classe a quel tempo col freddo e la pioggia non uscivano, quindi era un modo per fare comunque giardinaggio, per uscire anche in inverno».

Quali fiori appaiono più spesso nelle sue poesie?

«La rosa innanzitutto. Parla e riparla delle rose... Dominavano il giardino: ce n'erano da sei a dieci generi diversi, un po' antiquati per noi; erano molto profumate, e alcune rampicanti. Una di esse, la Blush noisette, profumatissima, l'abbiamo reintrodotta nel giardino da qualche anno».

Quali altri fiori amava?

«Le violette, o pansé. Le citava nelle lettere e, spesso, le spediva, pressate: sono fiori molto belli, ricordano quasi un volto, e poi le piaceva il nome shakespeariano, oltre che la somiglianza con pensée, in francese... Amava giocare con le parole».

Infatti cita anche la rosa balsamina, sotto la quale ama dormire Titania, nel Sogno di una notte di mezza estate...

«È una rosa con un profumo dolcissimo. Me ne sono comprata una... Poi ci sono altri due fiori ai quali la sua anima era particolarmente connessa».

Quali?

«La margherita, quella selvatica, un piccolo fiore bianco che amava al punto di firmarsi spesso Daisy nelle lettere. E i gigli dorati».

Un fiore particolare.

«Emily aveva un mentore, Thomas Wentworth Higginson, con cui tenne una corrispondenza per vent'anni. A un certo punto, lui andò a trovarla a Amherst, e si mise ad aspettarla in salotto; Emily si presentò in abito bianco, con uno scialle blu e due fiori arancioni in mano, dicendo: Questi sono la mia presentazione».

E poi?

«Poi parlarono per due ore e, successivamente, lui scrisse alla moglie che non era mai stato così sfiancato da una conversazione. I suoi incontri erano come le sue poesie: aveva molto da dire».

Anche con i fiori?

«Sentiva che esprimevano la sua personalità. Credo si occupasse del giardino ogni giorno; i vicini la ricordano sdraiata su un lenzuolo a curare i fiori, oppure mentre raccoglieva semi e faceva altre attività in giardino. Quando iniziò ad avere problemi alla vista si mise a fare giardinaggio verso sera, o di notte».

Tutte attività molto materiali, in contrasto con l'immagine di una vita da reclusa.

«Andava anche a camminare nei boschi, per raccogliere fiori e semi per la sua collezione di fiori selvatici. Il padre le aveva comprato un cane per non farla andare da sola: un grosso cane nero, che chiamò, molto romanticamente, Carlo».

E il famoso erbario?

«Il numero di specie raccolte e dei posti da cui esse provengono è enorme: è una grande risorsa per esplorare la sua poesia e, anche, ciò che cresceva nel suo giardino. È molto utile per piantare nuove specie. La pianta più antica è una magnifica quercia bianca, nativa dell'area, conservata benissimo».

Come questa passione ha influenzato la sua poesia?

«Credo che la natura fosse assolutamente parte del suo mondo. Fare giardinaggio e coltivare era una attività formativa, molto soddisfacente per lei e, anche, un promemoria costante del legame fra morte e rinascita, così forte nella sua poesia. Il pensiero dell'eternità e di quello che significa è un mistero che ha sempre inseguito».

Lo aveva sotto gli occhi in giardino?

«Una volta l'anno vedi le cose che crescono e rinascono; e poi, un'altra volta, le vedi che muoiono... E, oltre a questo, ci sono le stagioni che si alternano, gli animali, gli uccelli, gli insetti: piccole cose, alle quali era attentissima, perché sentiva quel microcosmo lì fuori, nel suo giardino».

Quando andrà a Casa Dickinson?

«A giugno.

Pianteremo sicuramente delle annuali, come i nasturzi, e porterò una pianta del suo erbario, il Ribes aureum: è nativa della California e, ai tempi di Emily, non era presente sulla costa Est. Non si sa come sia finita lì, e sono curiosa di vedere se crescerà».

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