Era nato a Piacenza il 31 dicembre 1929, si è spento la sera del 14 agosto al Policlinico di Milano, dove era ricoverato: qui, dal 15 agosto si può visitare la sua camera ardente. I funerali del sociologo Francesco Alberoni si terranno sabato 19 agosto alle 11 nella basilica di Sant'Ambrogio, celebrati dall'abate Carlo Faccendini: aperti al pubblico, come desiderava e aveva chiesto il professore universitario che considerava una colonna della propria attività il dialogo col pubblico, non solo con il mondo scientifico, attraverso libri semplici e articoli a cadenza regolare sui quotidiani, tra i quali il Giornale gli era molto caro. Le ultime volontà le ha affidate ai figli Margherita, Francesca, Paolo e Giulio.
Lo ricordano ovunque, non solo ma anche perché è stato docente a Losanna, a Catania, a Roma, ma in particolare a Milano, dove ha vissuto, insegnato Sociologia alla Statale, praticamente fondato la Iulm, della quale è stato rettore, dopo esserlo stato anche a Trento. Partecipa al lutto il sindaco Beppe Sala: «Milano perde un uomo di cultura da sempre legato alla nostra città. A nome delle milanesi e dei milanesi le più sentite condoglianze ai suoi cari». Così anche l'ex sindaco Letizia Moratti, a lui particolarmente legata: «Lascia un vuoto incolmabile. Amico schietto e sincero, intellettuale stimolante e profondo, con lui ho condiviso tante riflessioni e da lui ho avuto importante sostegno e preziosi consigli. Milano e il Paese perdono una grande figura del pensiero libero e dell'illuminante analisi sociologica».
Negli anni Ottanta, alla Varesine, quando gli occhi della città giravano intorno a giostre, luna park, ferrovia, Alberoni immaginava la nascita della Milano verticale. È ciò che negli ultimi anni rivendicava con più verve il sociologo che ha raccontato al Paese «i movimenti collettivi» e che è diventato famoso soprattutto perché esperto di processi amorosi: «Innamoramento e amore», «Sesso e amore», «L'amicizia», come recitano i titoli di alcuni dei suoi libri più famosi. Ma non solo. Nella sua biografia-autobiografia scritta con Rosantonietta Scramaglia, un volume di quasi 600 pagine (edizioni Leima), ha parlato di storia, imprese, politica, morale, cinema, Rai, moda. Il suo sapere spaziava ma di sé diceva: «Parlo solo di ciò di cui sono esperto e tutto ciò che ho previsto l'ho dedotto dalla teoria».
Se è stato anche presidente del cda Rai, sia pur per un breve periodo, e del Centro sperimentale di Cinematografia, Alberoni amava raccontare i suoi studi su «L'Élite senza potere», dedicato anche al divismo, «Leader e masse», «Movimento e istituzione», «Consumi e società». Appassionato di marketing, ha collaborato con tante aziende che hanno costruito la storia del Paese: ha consigliato alla Bassetti di abbandonare il corredo bianco, ispirato Yamamay e la celeberrima Mulino Bianco. Ricordi di Luca Barilla: «Da ragazzino partecipavo alle riunioni con papà e il professore.
Mi ricordo che quando gli offrivano il materiale, rimaneva in silenzio due minuti e poi eravamo tutti colpiti dalla luminosità delle sue idee. Se la Barilla ha potuto crescere a un ritmo sorprendente, lo si deve anche al professor Alberoni».
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