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Indagati 8 pm: «Boicottarono De Magistris»

VELENI Blitz alla Procura di Catanzaro: l’ex magistrato che indagò Mastella sarebbe stato frenato da colleghi e superiori

Roma Quando i pm sono arrivati da Salerno, alle 8 di mattina, gli uffici giudiziari di Catanzaro erano ancora deserti. I magistrati, con un centinaio di carabinieri, hanno iniziato le perquisizioni della Procura e della Procura generale, sequestrando documenti, dischetti e computer. A otto magistrati sono stati consegnati avvisi di garanzia, così come a politici, imprenditori e altri personaggi.
È il «caso De Magistris» atto secondo. Nel primo, al pm di Catanzaro sono state tolte inchieste scottanti e, dopo indagini, veleni, ispezioni e azioni disciplinari, a gennaio il Csm l’ha condannato e trasferito a Napoli. Un anno dopo, nell’atto numero 2, proprio per l’avocazione dell’inchiesta «Why not», che aveva tra gli indagati l’allora premier Romano Prodi e il suo Guardasigilli Clemente Mastella e per la revoca della delega per la «Poseidone» i suoi colleghi finiscono sotto accusa da parte della Procura di Salerno, che ipotizza un complotto per «fermare» De Magistris, danneggiare lui, consulenti, tecnici e testimoni e «smembrare» le inchieste per favorire alcuni indagati. Sono venuti personalmente a Catanzaro in tre: il capo Luigi Apicella e i due sostituti Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, portando un decreto di perquisizione di 1.700 pagine e per tutta la giornata hanno seguito le operazioni. «Corretta e doverosa era l’indagine nei confronti di Mastella e l’avocazione del fascicolo Why not ha impedito la prosecuzione della stessa», denunciano i magistrati. Per loro, è stata «illecita» l’archiviazione della posizione dell’ex ministro. I pm parlano di «patologica attività di interferenza in un disegno corruttivo teso a favorire» con Mastella, Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere e principale accusato della Why not e l’avvocato-parlamentare Pdl Giancarlo Pittelli, indagato nella Poseidone, con successiva archiviazione.
Le accuse sono pesanti: concorso in corruzione in atti giudiziari, per Mariano Lombardi, il procuratore capo che nel 2007 revocò la delega di Poseidone a De Magistris e per l’avvocato generale dello Stato, allora Pg facente funzioni, Dolcino Favi, che poco dopo avocò l’inchiesta Why not. Stesso reato contestato all’aggiunto Salvatore Murone, che ha subito una perquisizione anche a casa e a Pittelli. Di abuso d’ufficio, falso ideologico, calunnia e diffamazione sarebbero invece accusati il procuratore generale Enzo Jannelli, i sostituti pg Alfredo Garbati e Domenico De Lorenzo, ed il sostituto Salvatore Curcio, per i provvedimenti di stralcio e le richieste di archiviazione, ritenute illegali, a favore di alcuni indagati nelle inchieste Poseidone e Why not. Tra gli indagati, oltre a Saladino, ci sarebbe anche Bruno Arcuri, presidente di sezione del tribunale di Catanzaro e componente del Consiglio giudiziario del capoluogo calabrese.
De Magistris per la Procura di Salerno è stato vittima di manovre politico-affaristiche che hanno influito anche sul suo trasferimento. Di tentativi di ostacolare le sue indagini i pm hanno scritto ampiamente anche a giugno, nella richiesta d’archiviazione dell’indagine nata da denunce contro di lui. E in difesa di De Magistris e del suo operato, denunciando appunto pressioni, calunnie e interferenze, i magistrati avevano parlato anche davanti alla sezione disciplinare del Csm, che doveva giudicarlo.

Poi Palazzo de’ Marescialli, che ieri è stato informato da Iannelli come il Quirinale e il ministero della Giustizia, arrivò alla condanna. Ma la prima commissione discuterà domani degli inquietanti sviluppi della vicenda.

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