Gentile Direttore,
Ernesto Galli della Loggia è uno strano intellettuale. Da oltre dieci anni a questa parte la sua preoccupazione principale - quasi maniacale - sembra essere quella di demolire criticamente il ruolo politico del presidente del Consiglio.
Non ci sarebbe nulla di male in questo esercizio critico, proprio in fondo dei liberi intellettuali, a condizione che non fosse unilaterale, che tenesse conto, almeno, della realtà, e infine si preoccupasse di formulare qualche consiglio, qualche proposta costruttiva.
A mio avviso, invece, il ragionamento di Galli della Loggia, per quanto non sia privo evidentemente di alcuni temi di interesse e di condivisione, appare viziato alla radice da una serie di pregiudizi che alterano una valutazione obiettiva della situazione politica italiana.
È tanto evidente la forza di questi preconcetti che, nello stesso articolo, si possono trovare ammissioni che contraddicono la tesi di fondo. Nell’ultimo editoriale sul Corriere della Sera, ad esempio, Galli della Loggia riconosce al governo Berlusconi il merito della gestione positiva della crisi economica, così come ne riconosce i grandi successi nella lotta al crimine. Questi due risultati, in fondo, sarebbero sufficienti a formulare un giudizio meno severo circa i risultati e il bilancio a metà legislatura del governo presieduto da Berlusconi.
Galli della Loggia, al contrario, sorvola rapidamente su materie che dovrebbero essere fondamentali per valutare l’attività di un governo (economia e sicurezza), elencando subito dopo una serie di risultati insoddisfacenti, a partire dall’esempio di un’altra capitale del Mezzogiorno, Palermo, coperta di rifiuti. A parte il fatto che non si capisce come questa vicenda, al pari di quella napoletana, peraltro risolta solo grazie all’intervento diretto di Berlusconi, possa essere ricondotta alla responsabilità del governo centrale, è evidente la differenza che passa, nel valutare i meriti o i demeriti del governo, tra situazioni che hanno un valore non paragonabile.
Nell’elenco dei risultati insoddisfacenti ascrivibili al governo, Galli della Loggia elenca le riforme non pienamente realizzate (in particolare la semplificazione delle norme amministrative) oppure quelle che devono ancora affrontare il lento e tortuoso cammino parlamentare (vedi la riforma della scuola e della giustizia).
Anche a questo riguardo, le prove addotte da Galli della Loggia per dimostrare la sua tesi principale, e cioè che l’inadempienza programmatica del governo è in buona parte il risultato dell'incapacità di leadership del premier, risultano deboli se non artificiose.
I suoi stessi argomenti confermano, infatti, il cammino riformatore intrapreso dal governo e i risultati conseguiti in appena due anni di lavoro, contrassegnati oltretutto da una crisi economica senza precedenti.
Con questo non voglio certo dire che tutto va bene, che non vi sono critiche od obiezioni da fare al governo, e che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Voglio dire però che la strada che abbiamo imboccata è quella giusta, che non vi sono alternative all’attuale governo e che ci restano ancora tre anni per completare il programma di governo.
Ciò che sorprende maggiormente delle critiche indirizzate al governo da parte di Galli della Loggia è che esse sono formulate prescindendo completamente dalla realtà, dai rapporti di forza, dai contrasti delle forze politiche in campo, dalle difficoltà della situazione economica, dalla natura dell’opposizione della sinistra, per non parlare dell’anomalia della magistratura italiana.
Anzi, a questo proposito, stupisce che un intellettuale di caratura liberale come Galli della Loggia non abbia nulla da dire - proprio nulla da dire - su una legge come quella delle intercettazioni, che rappresenta l’esempio più significativo di una politica liberale in un Paese in cui immettere elementi di liberalismo appare l’impresa più faticosa e difficile.
È ben strano il silenzio di un intellettuale liberale riguardo ad uno dei provvedimenti più liberali dell'azione di governo.
Cordialmente
Sandro Bondi
Ministro della Cultura
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