Inizia l’era Medvedev A Mosca decine di arresti

Sciolta con la forza la manifestazione di pochi dissidenti. Gli osservatori europei: elezioni irregolari

nostro inviato a Mosca

I leader del mondo salutano Medvedev e si dicono pronti a dialogare con lui, nonostante la denuncia del Consiglio d'Europa che ha giudicato le elezioni presidenziali «al di sotto degli standard democratici». E a Mosca nulla cambia, soprattutto per chi dissente. Ieri pomeriggio una manifestazione del partito di opposizione liberale Altra Russia non autorizzata è stata repressa con incredibile brutalità dalla polizia. Erano solo cento i dimostranti, per lo più giovani e anziani, armati di bandiere e di striscioni; ma sono stati trattati come pericolosi vandali. Gli agenti, che avevano circondato la zona in tenuta antisommossa, hanno effettuato numerose cariche, picchiando i manifestanti, trascinandoli a forza per decine di metri per poi caricarli sui camioncini. Tra i cinquanta arrestati anche il capo dell'Unione delle forze di destra Nikita Belikh, la dirigente e portavoce di Altra Russia Marina Litvinovic e il noto difensore dei diritti umani Lev Ponomariov. In base alla recente legge antiterrorismo rischiano fino a 15 anni di carcere per estremismo e sovversione.
Non è un inizio confortante per Dmitri Medvedev. Certo, Putin resta in carica fino al 7 maggio e il nuovo presidente non ha pertanto responsabilità dirette in quanto avvenuto ieri, ma ci si aspettava un gesto di apertura, un segnale di tolleranza in linea con la sua reputazione di liberale e moderato. E invece no, domenica notte, il capo uscente e quello eletto hanno assistito fianco a fianco al concerto rock organizzato dietro la basilica di San Basilio per celebrare la vittoria, promettendo continuità. Sono stati di parola e non bastano le notizie provenienti da San Pietroburgo - dove un’altra manifestazione, autorizzata, si è svolta senza problemi, presente l'ex campione del mondo Garry Kasparov - a mitigare l'impressione che nulla cambierà in termini di libertà politica. Chiunque può dar fastidio all'attuale regime viene emarginato, ostacolato, vessato.
E che la democrazia russa sia ormai solo di facciata, lo hanno confermato gli osservatori del Consiglio d'Europa, che hanno seguito le elezioni di domenica. Il loro giudizio, sebbene, sfumato nel linguaggio per ragioni diplomatiche, è inequivocabile: gli standard minimi di trasparenza e legalità non sono stati rispettati. Il Cremlino ha manipolato il voto, senza, peraltro, che ce ne fosse necessità. «I risultati delle elezioni non sarebbero cambiati se fossero state tenute presenti tutte le nostre raccomandazioni», ha osservato il capo missione Andrea Gross. La popolarità di Putin è tale che sarebbe stata sufficiente a trascinare Medvedev alla vittoria anche rinunciando alle spinte. Certo, magari solo con il 52% anziché con il 70%, ma sarebbe stato un balsamo per ridare credibilità al sistema politico russo. Invece, sebbene onnipotente, l'attuale classe dirigente si dimostra ansiosa, insicura; preferisce stravincere senza concorrenti reali e ricorrendo a massicci brogli, come quelli narrati ieri sui blog e sui pochi giornali russi ancora liberi: medici che hanno costretto i malati a votare in ospedale, migliaia di urne riempite con schede precompilate e così via.
Già, i blog.

In Russia sono fonte di libertà, ma forse non per molto. «Stanno preparando una legge per assimilare Internet ai media ufficiali, e dunque metterli a tacere», dichiara Shod Muladzhanov, direttore della Moskovskaya Pravda. Un giornalista libero, ma sempre più pessimista.

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