Innovativi approcci terapeutici per la carcinosi peritoneale con metastasi

C ol termine carcinosi peritoneale si intende la disseminazione a multipli noduli di una neoplasia sul foglietto sieroso che riveste l'interno del cavo addominale. Quando la carcinosi è metastatica, si tratta di una situazione gravemente peggiorativa nella storia naturale di una neoplasia. Tale situazione, sino a poco tempo fa, era considerata inoperabile e comunque poco curabile quando non francamente pre-terminale. Oggi le cose sono un poco cambiate: alcune carcinosi da neoplasia del colon-retto o dell'ovaio possono essere trattate con una terapia difficile per chi la pratica e molto impegnativa per il paziente: l'asportazione del peritoneo interessato (sigla CRS, dall'inglese CytoReductive Surgery) e l'immediata successiva perfusione ipertermica della cavità addominale con una soluzione di chemioterapici a 42° C (Hypertermic Intra Peritoneal Chemotherapy). Questo trattamento, codificato dal chirurgo americano Paul Sugarbaker oltre trent'anni fa per il trattamento dei tumori primitivi del peritoneo, è stato applicato con successo anche nelle malattie metastatiche. La materia è, come sempre in medicina, in continua evoluzione e può darsi che in futuro le indicazioni verranno allargate anche ad altre patologie metastatiche (sono in corso alcuni studi sulla carcinosi metastatica da cancro dello stomaco); ma, per adesso, il trattamento viene riservato essenzialmente a queste situazioni. Chiediamo al dottor Pietro Bagnoli di Humanitas (Rozzano, Milano). Come si genera una carcinosi peritoneale? «Nella via di disseminazione celomatica - risponde Bagnoli - la neoplasia insorge dagli strati interni dell'organo, lo attraversa, affiora alla superficie e piove all'interno della cavità addominale. Le cellule neoplastiche, trasportate dal liquido peritoneale e dai movimenti dei visceri (la cosiddetta peristalsi), attecchiscono sulla sierosa degli organi formando dei veri e propri impianti che crescono sfruttando la vascolarizzazione degli organi. La crescita tende a riempire gli spazi e ad infiltrare dall'esterno verso l'interno le strutture viscerali, generando col tempo un'occlusione intestinale.

Nell'ottica tradizionale di un approccio chirurgico mirato al singolo organo ammalato, l'estensione della patologia è sempre stata vista come una controindicazione; oltre a tutto la malattia che va da tutte le parti ha sempre scoraggiato il chirurgo».
gloriasj@unipr.it

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