Vaccini per i tumori, la verità spiegata dall'esperto

Intervista con il professor Antonio Asciento sui vaccini annunciati da Moderna per alcune forme di tumore. Come funzionano e quali sono le criticità

Vaccini per i tumori, la verità spiegata dall'esperto

Ha sollevato molto interesse, la notizia della prossima realizzazione da parte dell'azienda farmaceutica Moderna, di un vaccino per alcune forme tumorali, prima tra tutte il melanoma, che in futuro, con la stessa tecnologia mRNA, verrà sviluppato anche per le malattie cardiovascolari e autoimmuni. Una vera e propria rivoluzione, almeno su carta, che fa ben sperare per la salvezza di migliaia di vite in un prossimo futuro. Per comprendere come funzioneranno questi vaccini, quali saranno i benefici e le possibili criticità, abbiamo intervistato il professor Antonio Asciento, oncologo e ricercatore, dirigente Medico presso la UOC di Oncologia Medica e Terapie Innovative del Dipartimento Melanoma dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale di Napoli.

Professore, possiamo dire che il Covid una cosa positiva l'ha portata?

“Sì e no, perché in realtà i vaccini per il Covid, i famosi mRNA messaggeri, nascono dalla ricerca oncologica. Questa è una verità che ho sempre riportato. Già nel 2018, avevo parlato con alcuni ricercatori della BioNTech che all’epoca stavano sviluppando un vaccino per il melanoma e per il tumore al polmone. Poi è arrivato il Covid che ha usato questo tipo di tecnologia, che ha funzionato bene, e che ora è tornata alla ribalta perché c’è uno studio di Moderna sul melanoma. Verrà presentato durante il meeting annuale della American Association for Cancer Research (AACR), di cui c'è stata una press release prima di Natale, con dati molto incoraggianti".

Si parla di vaccino solo per il melanoma, o anche per altri tipi di tumore?

“I primi dati che arriveranno a giorni, da questo importante congresso ad Orlando e che saranno presentati da Jeff Webb, importante ricercatore oncologico che lavora alla New York University, riguarderanno solo il melanoma. Si tratta di uno studio randomizzato, in cui i partecipanti vengono assegnati in modo casuale a due gruppi, il gruppo sperimentale che riceve il trattamento o il gruppo di controllo/confronto. Siamo alla fase due in cui si sperimenta sugli esseri umano la capacità curativa, nel trattamento adiuvante del melanoma, ovvero a 'sostegno' del trattamento principale allo scopo di migliorare l'efficacia e ridurre il rischio di recidiva. Questo significa che siamo agli stadi terzi e quarti del tumore che sono già stati operati e hanno avuto un anno di terapia dopo l’operazione. Lo studio ha paragonato due gruppi di pazienti, il primo che faceva il classico trattamento con immunoterapia, e il secondo con il trattamento adiuvato, ovvero con l'aggiunta del 'il vaccino personalizzato' sperimentale. I dati dicono che rispetto al primo, quello adiuvato, presenta una riduzione del rischio che supera il 50%, anche se i dati precisi, quindi la percentuale potrebbe anche essere superiore, verranno forniti durante il congresso".

Può spiegare che cosa è un vaccino personalizzato?

“Per prima cosa c’è da chiarire che questi non sono vaccini preventivi, ma terapeutici. Non prevengono quindi le forme tumorali, ma a curano la patologia in atto. Si dice 'personalizzato', perché viene prodotto dal 'tumore stesso del paziente'. Viene prelevata una parte del melanoma, processata per estrarre una serie di proteine proprie di quel tumore, che vengono chiamate 'antigeni'. Questi sono molto importanti, perché l’organismo li riconosce come estranei, e attacca le cellule che li portano. Tramite un algoritmo, vengono poi selezionati una trentina di questi antigeni, con cui si costruisce l’mRNA messaggero che diventa il vaccino, che poi si inocula nel paziente insieme alla terapia classica. Quindi questi vaccini hanno un potere associato alla classica immunoterapia. Il dato importante è che si tratta di un vaccino personalizzato, ovvero costruito sugli antigeni tipici di “quel tumore” e “per quel paziente”. Inoltre, questo procedimento può essere utilizzato non solo per il melanoma, ma anche per il tumore al polmone e in un prossimo futuro anche per altre forme. Sottolineo ancora una volta, che si tratta di vaccini terapeutici, ovvero per chi ha già sviluppato il tumore".

Che differenza c’è tra questi e quelli utilizzati per il Covid?

"Quelli erano ad mRNA messaggero, ovvero rivolti verso la proteina Spike quella che faceva entrare il coronavirus nell’organismo. Questi invece sono vaccini mRNA con antigeni, ovvero con le sostanze presenti nelle cellule tumorali, che orientano la risposta immunitaria, quindi la distruzione, verso questi".

Una volta oculato il vaccino cosa succede nel nostro organismo?

"L'mRna viene trasformato nel nostro organismo in proteine, queste, che sono poi gli antigeni, vengono riconosciute come estranee, e quindi il sistema immunitario le riconosce le attacca e le distrugge".

Sui vaccini Covid, esiste un dibattito molto accesso, su questi possono esserci delle criticità?

"No, sono sicuri, molto più dei tanti farmaci tumorali che abbiamo. Noi non dobbiamo dimenticare che quando parliamo di vaccini per il Covid parliamo di una vaccinazione di massa a persone sane, quindi un effetto collaterale, anche minimo, ha un significato diverso rispetto ad un paziente con un tumore, una malattia più importante, dove facendo il confronto tra rischio e beneficio, il risultato è diverso".

Si può parlare di una rivoluzione epocale? Quante vite si possono salvare?

"Non epocale ma sicuramente è una strategia innovativa. I vaccini terapeutici non sono stati scoperti adesso. Sono anni che noi li sperimentiamo e fino ad ora i successi sono stati pochissimi, c’è stato al contrario il versante dell’immunoterapia che ci ha dato tante soddisfazioni, quindi secondo me, la ricetta vincente è quella di combinare i due, perché il vaccino innovativo a mRNA messaggero, somministrato insieme ad un checkpoint inhibitor (ovvero i regolatori di processi chiave del sistema immunitario, ndr) fa in modo che ci sia un’attività del sistema immunitario più precisa, essendo questi vaccini personalizzati per quel tipo di tumore, per quel paziente".

Moderna ha fatto questo passo avanti ma in Italia c’è già la sperimentazione di un vaccino per il tumore al fegato.

"Si chiama Hepavac, ed è già stato fatto uno studio dal dott. Luigi Bonagurio, che ha messo a punto questo vaccino terapeutico per il fegato al Pascale di Napoli. I risultati dello studio usando solo il singolo vaccino, sono stati incoraggianti. A breve dovrebbe iniziare la seconda parte, insieme ai checkpoint inibitori. Ma ci sono anche altri centri in Italia, che stanno andando avanti in questo senso".

Si è parlato del vaccino Moderna come efficace anche per le malattie cardiovascolari e neurodegenerative è corretto?

"Penso che in teoria può avere uno sviluppo in questi settori, ma è chiaro però che dobbiamo avere prima i dati. Si tratta però di un buon inizio".

Questi vengono chiamati vaccini ma non sarebbe più corretto dire che si tratta di terapie?

"È corretto chiamarlo vaccino terapeutico e non preventivo, è questo che fa la differenza. Perché il vaccino utilizza una strategia attraverso le proteine, e in questo caso mRna messaggero, che evoca una risposta immunitaria.

Al contrario il vaccino preventivo, previene l’infezione che in genere è quella contro i virus. Nel caso di quello terapeutico questa risposta immunitaria diventa terapia e aggredisce il tumore".

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