Il Documento di economia e finanza resta nei cassetti di Palazzo Chigi. La parte conosciuta attira le critiche delle banche, ma anche di chi non crede a benefici e coperture. Il senatore Giulio Tremonti spiega al Giornale tutti i suoi dubbi su quella che gli sembra una «partita di raggiro».
Giulio Tremonti, che giudizio dà del Def approvato martedì?
«I governi governano per decreti e riforme, non per documenti. Il Def è un documento di sintesi basato sui saldi, necessario ma non sufficiente per avere una visione completa. In ogni caso, un conto sono le riforme, un conto le manovre».
Non si può dire che il governo Renzi non faccia riforme...
«Quella del lavoro e della Costituzione. Sono tutte e due in fase di montaggio. Anzi, quella del lavoro sembra più che altro la reverse engineering, ovvero lo smontaggio, della riforma Fornero. Per inciso, montata dagli stessi che ora la smontano. Niente di male, ma è molto poco».
E quelle della Costituzione?
«C'è lo smontaggio del Titolo V, votato nel 2001 dagli stessi che ora lo vogliono smontare. I medesimi che, nel 2006, smontarono a loro volta la riforma del centrodestra, che otto anni dopo vogliono imitare. Niente di male, ma abbiamo perso tempo».
Allora parliamo delle manovre del governo Renzi.
«Si è esclusa una manovra correttiva, ma è probabile che ne serva comunque una aggiuntiva per finanziare le missioni militari, gli ammortizzatori sociali e spese ricorrenti ineludibili e varie. Dove e come si troveranno i soldi, lo vedremo».
Nel Def c'è la conferma del taglio Irpef. È la strada giusta?
«Stiamo parlando di una cifra tra sei e sette miliardi di euro. Non è un de minimis, ma è la metà dei moduli di riduzione fiscale fatti dal governo Berlusconi. Comunque, avendo i governi Monti e Letta aumentato enormemente le tasse in questi anni, come si dice dalle mie parti, "piuttosto che niente è meglio piuttosto"».
Insomma, per quanto il Def sia solo un documento, alcune criticità stanno emergendo.
«Notare le criticità è un dovere dell'opposizione; l'ideale sarebbe che non ci fossero».
La più evidente?
«C'è il rischio fondato di una partita, non di giro, ma di raggiro per chi ha casa e risparmio. Per chi ha prima e seconda casa, depositi bancari o postali, l'aumento è sicuro ed è molto consistente. I comuni entro giugno aumenteranno le rendite catastali e negheranno le detrazioni personali. Poi, sul risparmio, si usa la formula "transazioni finanziarie". Fa pensare agli gnomi di Zurigo, all'alta finanza. In realtà passerà dal 20 al 26% la tassazione sui depositi e conti bancari e postali».
Alla fine, tra il dare in tasse su mattone e risparmi e il ricevere in detrazioni, gli italiani non guadagneranno niente?
«L'aumento delle tasse sulla casa e sul risparmio ha un volume che si avvicina a quello degli sgravi, ma produce per controspinta un effetto recessivo».
Quindi qualcuno guadagnerà?
«C'è una sfasatura tra le due aree, quella del maleficio e quella del beneficio fiscale. Il beneficio andrebbe a chi ha il posto di lavoro, non a chi non ce l'ha. Se hai la busta paga e basta è un beneficio netto. Se hai la busta paga, ma anche la casa e un po' di risparmio, il maleficio azzera il beneficio. Se hai la casa, il risparmio, ma non hai il lavoro, hai solo un maleficio».
Condivide i dubbi dei «gufi» sulle coperture?
«Per rendere stabile lo sgravio in busta paga devi coprirlo e finanziarlo. L'impressione è invece che ci siano insieme un po' di una tantum e un po' di una pocum. La maggiore Iva derivante dai pagamenti anticipati dei debiti pubblici è una tantum. Quando l'ho proposta nell'estate del 2012, come soluzione ponte per l'Imu, è stato detto che non era buona come coperture. Adesso lo diventerebbe per magia. La maggiore imposta sulle plusvalenze bancarie per Bankitalia, è una tantum e produce un ulteriore effetto di blocco del credito, in un momento in cui il credito serve per lo sviluppo».
Quali sarebbero gli una pocum?
«Gli effetti miracolosi attesi dalla spending review. Quando si usa l'inglese è un po' come nei Promessi sposi, quando si usava il latinorum come inganna-popoli. È un'astrazione, non è una copertura. Le coperture si fanno tagliando i capitoli di bilancio. Un taglio di spesa fatto a metà anno, va cifrato per il doppio. Se vuoi ottenere quattro devi tagliare per otto. E devi farlo, dato che sei in corso d'anno, su voci di spesa che quasi sempre sono già state impegnate. Un conto e non fare partire un treno, un conto è bloccarlo mentre è in corsa».
Anche i tagli ai super stipendi pubblici non sono una copertura?
«Noi volevamo livellare tutto sulla media europea. Furbescamente ci fu detto che non era calcolabile. Monti ha già portato il tetto a 300mila euro e lo si vuole portare a 250mila. Considerando la minore tassazione, dato che c'è minor reddito e dato che parliamo di poche decine di soggetti, l'effetto è molto basso.
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