Dopo tante parole mancano i numeri

Questa maggioranza, formidabile a parole, è però inconsistente nei fatti

Silvio Berlusconi ieri è tornato in campo. È apparso in forma, alla faccia di chi lo descriveva affranto e provato. Ha aperto la campagna elettorale per le europee e c'è da pensare che si sia trattato solo di un antipasto. Non altrettanto si può dire di Renzi che, sempre ieri, ha ingoiato un grosso rospo. Il suo governo non aveva la maggioranza per fare approvare il Def, orribile acronimo che identifica il documento più importante in materia economica. Per evitare di cadere in aula e chiudere anticipatamente la sua avventura, Renzi ha dovuto elemosinare i voti di due grillini dissidenti, di un paio di leghisti, di un gruppetto di vendoliani. In tutto una decina di voti coi quali ha superato di un soffio (156 sì) il quorum.

È la prova che questa maggioranza è simile alla gioiosa macchina da guerra di Occhetto: formidabile a parole, inconsistente nei fatti. La politica economica è in mano agli umori e al prezzo, di due scarti di Grillo e dei comunisti duri e puri ma non quando si tratta di salvare poltrona e stipendio. Umiliante. E illuminante su cosa ci sia dietro la vetrina sberluccicante del renzismo: un negozio vuoto.

Se non fosse per il patto riformista con Forza Italia, Renzi non durerebbe un giorno in più. Il premier lo sa bene. Sono i suoi compagni di partito che ancora non hanno capito e si dilettano a sputare nel piatto che li tiene in vita. Qualcuno li avvisi, prima che sia troppo tardi.

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