S'era messo di buzzo buono, il Compagno G. Expo 2015 dovevano tirarlo su le coop. O meglio, una della coop. La «Viridia», la cooperativa con sede a Settimo Torinese che dopo aver avuto una fetta dell'appalto per la cosiddetta «Piastra», nelle intenzioni di Primo Greganti avrebbe dovuto entrare anche nei lavori per costruire dieci padiglioni di altrettanti Paesi stranieri che tra un anno prenderanno parte all'Esposizione Universale.
Il dettaglio è riportato in un'informativa della Guardia di finanza allegata agli atti dell'inchiesta milanese sulla «cupola» degli appalti. Nel documento delle Fiamme gialle - molto recente, risale infatti allo scorso 28 aprile - viene riportata una telefonata nella quale Greganti «chiama il nipote Simone e nel corso della conversazione gli comunica che sta andando da Fernando Turri in quanto ha un appuntamento per le ore 8.00». Evidentemente, riassume la Gdf, «lo scopo dell'incontro con Turri è quello di aggiornarlo sull'esito» di una cena avvenuta «la sera prima» con l'allora manager di Expo Angelo Paris, e Sergio Cattozzo, ritenuto il «corriere» delle mazzette. «Ah... ieri sera - dice il Compagno G - ieri sera poi a Milano è andata bene eh? Quel ... quegli altri lavori». E il nipote: «Degli altri 10 padiglioni ... eh». A quel punto, scrivono ancora i finanzieri, Greganti «conferma e aggiunge di aver avuto garanzie sull'assegnazione dei lavori». È di tutta evidenza, spiegano ancora gli investigatori, «che i due si riferiscono alla costruzione di un complesso di dieci padiglioni per altrettanti Paesi partecipanti all'Expo 2015 già promessigli dal pubblico ufficiale già in data 01/04/2014 in occasione della cena presso» un ristorante di Milano. E il tema dei padiglioni dei Paesi stranieri ritorna anche in un'intercettazione del 22 aprile scorso, nella quale l'imprenditore vicentino Enrico Maltauro parla di un «padiglione cinese». Secondo la Gdf, ancora una volta si tratta «del discorso legato agli interessi economici connessi alla costruzione dei Padiglioni per conto dei Paesi esteri». Lo stesso giorno, non sfugge agli inqurienti, Cattozzo invia un sms a Maltauro con scritto: «Hai sentito gli inglesi?».
Da Milano, intanto, arriva la risposta al presidente del Senato Pietro Grasso, che aveva chiesto informazioni su eventuali ingressi di Greganti a Palazzo Madama. In una nota, il procuratore Edmondo Bruti Liberati informa che «non è mai stato svolto alcun servizio di osservazione di polizia giudiziaria al fine di accertare l'eventuale ingresso o uscita dell'indagato Primo Greganti in Senato o in Palazzi del Senato», ma che agli atti «risulta un'intercettazione del 19 febbraio scorso in cui Greganti riferisce a Cattozzo adesso ho finito una riunione al Senato, e che la posizione dell'utenza di Greganti risulta nei pressi di Palazzo Madama». Tradotto: non ci furono pedinamenti per conoscere i movimenti del compagno G in Senato, ma la frequentazione del Senato da parte di Greganti sembra emergere comunque dalle carte.
Sul fronte delle indagini, infine, ieri i pm hanno nuovamente sentito - e per 5 ore - Sergio Cattozzo, definito da Gianstefano Figerio nell'interrogatorio davanti al gip una sorta di «segretario» del senatore Luigi Grillo (per il quale è stata respinta la richiesta di domiciliari).
E proprio Grillo, ha raccontato Cattozzo ai pm, avrebbe preteso la propria parte delle tangenti sugli appalti di Expo e Sogin, quantificate dal politico ligure in un totale di oltre due milioni di euro. Grillo, al giudice, aveva invece giustificato il denaro ricevuto dall'imprenditore Enrico Maltauro come «sostegno elettorale». Un altra versone, poi, da Frigerio. I soldi di Maltauro? Semplici «regalie».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.