Il 25 Aprile diventa pacifico solo se c'è la sinistra al potere

Baci, abbracci, bambini coi palloncini, cani scodinzolanti, atmosfere festose. Non si sarebbe nemmeno detto, quello di ieri, un 25 aprile

Il 25 Aprile diventa pacifico solo se c'è la sinistra al potere

Se non fosse che per la pertinace retorica istituzionale, una costante, non si sarebbe nemmeno detto, quello di ieri, un 25 aprile. Festività che dall'alba della Repubblica si è immancabilmente e invariabilmente onorata con due copioni. Quello plumbeo, di sapore stalinista, dell'omaggio ai luoghi di culto della Resistenza e quello più vivace, diciamo così, della contestazione ai sindaci, amministratori, ministri e figure politiche non di sinistra partecipanti ai vari cortei che scandivano e scandiscono la festa detta della Liberazione. Mai niente di drammatico, al massimo dei tafferugli, però in quanto a fischi, insulti, ingiurie e minacce nessun risparmio. Di quel clima fu testimone, un esempio per tutti, Letizia Moratti allora (2006) ministro della Pubblica istruzione.

Bersaglio di una contestazione sguaiata abbandonò il corteo al quale partecipava accompagnando il padre Paolo Bricchetto, ex partigiano, medaglia d'oro, deportato a Dachau (però non avendo militato nelle bande del Pci, le Brigate Garibaldi, indegno e immeritevole agli occhi dei Gran Sacerdoti della Resistenza). Niente di tutto questo, ieri e per la prima volta. Baci, abbracci, bambini coi palloncini, cani scodinzolanti, atmosfere festose più che festeggianti, neanche un tafferuglio che sia uno, svelte e quasi alla chetichella - certamente prive della consueta uggiosa solennità - le rese d'omaggio a luoghi, lapidi o monumenti della gloriosa lotta partigiana.

L'ambo di sinistra Renzi-Napolitano ha avuto sulla vigilanza democratico-resistenziale l'effetto del cloroformio. O del bromuro. D'altronde con chi prendersela, chi contrastare, da chi dissociarsi se bandiera rossa, si fa per dire, garrisce sul Torrino del Quirinale e al balcone di Palazzo Chigi? Come non bastasse il popolo di sinistra è stato anche privato dell'acciarino dialettico capace di accendere ed esacerbare gli animi, massime in manifestazioni ad alto tasso di resistenza democratica: l'antiberusconismo. E che fai, te la prendi con uno in servizio alla «Sacra Famiglia» di Cesano Boscone? Con uno che sigla patti e accordi con Renzi mentre Napolitano, padre della Patria, annuisce? Lo stesso Napolitano per il quale - sarà l'età, sarà il carattere - il 25 aprile resta il 25 aprile di sempre. La costante della quale si parlava. Nel suo discorso per l'occasione e nonostante avesse premesso che i valori della Resistenza «vanno al di là di ogni retorica», di questa ha fatto grande sfoggio sostenendo, come da vulgata, che l'impegno dei partigiani «per riconquistare all'Italia libertà e indipendenza fu un grande moto civile ed ideale, ma soprattutto fu un popolo in armi, una mobilitazione coraggiosa di cittadini giovani e giovanissimi che si ribellavano allo straniero».

Per la riconquista chiedere, semmai, agli Alleati; parlare di un popolo in armi - dall'Alpi al Lilibeo, magari? - non sta né in cielo né in terra; definire ribellione a uno straniero quella che fu anche, che fu soprattutto guerra civile, poi...

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