Per 7 anni il tribunale ha impedito a un padre di vedere la figlia

Il sospetto l'avevamo sempre avuto. Anzi, eravamo certi che fosse più di un sospetto. In Italia i padri sono considerati genitori di «serie B». Padri ritenuti «indegni» dal legislatore, dai giudici, dalla cosiddetta società civile. Un pregiudizio assurdo, ingiusto. Ma che fotografa la crisi di un ruolo: quello appunto del padre nella società di oggi. Ma infierire non è giusto. Se n'è accorta anche l'Europa che infatti, giustamente, ha condannato il nostro Paese. Le parole della Corte dei diritti dell'uomo sono pietre: «Le autorità italiane non hanno attuato tutte le misure necessarie per assicurare a un padre il diritto a vedere la propria figlia dopo la separazione dalla compagna. Sergio Lombardo, non ha potuto incontrare regolarmente sua figlia per oltre 7 anni». Di qui la condanna dell'Italia «per violazione del diritto al rispetto dei legami familiari».
Quella del signor Lombardo è una storia personale, ma è anche il paradigma di una situazione più generale. Dal 2003 il signor Lombardo ha portato avanti una battaglia giudiziaria per avere il diritto a vedere regolarmente sua figlia, che allora aveva 2 anni, dopo la separazione dalla compagna. Ma nonostante tutti i ricorsi fatti a vari tribunali e le sentenze in suo favore emesse dai giudici, l'uomo non è mai riuscito a incontrare con regolarità la figlia e a stabilire con lei una relazione stabile. Nel suo ricorso, Lombardo ha imputato questa situazione alla «mancanza di diligenza, attenzione e imparzialità delle autorità competenti». In particolare, ha sostenuto il ricorrente, «esse non hanno adottato tutte le misure necessarie per il rispetto del giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco, salvaguardando solo l'interesse della madre, che si è sempre opposta a che la figlia mantenesse un legame con il padre».
Ieri, con la condanna dell'Italia, la Corte di Strasburgo gli ha dato ragione. Innanzitutto la Corte sottolinea che lo Stato è tenuto a mettere in opera le misure più adeguate in modo rapido, perché il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulla relazione tra il minore e il genitore che non vive con lui.
Nel caso specifico la Corte ha rilevato che tribunali e servizi sociali, tra il 2003 e il 2011, si sono limitati principalmente a osservare la non esecuzione delle loro sentenze e che non hanno ancora adottato le necessarie misure per assicurare il diritto del padre a vedere la figlia.

In particolare i giudici sottolineano che i «tribunali sono restati al di sotto di quello che ci si poteva ragionevolmente attendere da loro delegando la gestione degli incontri ai servizi sociali». La Corte ritiene invece che «i tribunali dovrebbero prendere misure più dirette e specifiche per ristabilire i contatti fra genitore e figlia». Nell'interesse di tutti. Almeno, si spera.

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