Stanato. La prossima mossa politica ora spetta a Monti. È lui che deve dire che farà, con chi, dove e come immagina o sogna il suo futuro. Berlusconi ha dato una risposta a tutti quelli che si sentono male per il suo ritorno, l'Europa, Casini, Fini, Bersani, i Passera di turno, e quella fetta del Pdl che sta riscoprendo la vocazione democristiana. E a Monti, naturalmente. A tutti il Cavaliere ha inviato un messaggio chiaro. Il senso è questo: non ho alcun problema a fare di nuovo un passo indietro. Se Monti si candida come premier, come campione del centrodestra, alternativo a Bersani, io non ho alcun bisogno di scendere in campo.
Berlusconi mette a disposizione di Monti i suoi voti e il capitale elettorale del centrodestra. È esattamente quello che il premier non ha, visto che il grande centro resta un contenitore vuoto. È chiaro che il Cavaliere in questo modo si ritaglierebbe un ruolo da azionista di maggioranza, ridefinendo anche i confini tra destra e sinistra. Se però Monti dovesse rinunciare all'offerta a quel punto il Cavaliere non può ritirarsi solo perché i suoi avversari non lo sopportano o i governi stranieri pensano all'Italia come a una colonia, con un governatore scelto da loro. Se Monti non si candida non ha senso che Berlusconi lasci spazio assoluto a Bersani e Vendola e a tutti quelli che lo vogliono morto. Il ragionamento è questo. La risposta spetta all'ex rettore bocconiano. Non è facile. I dubbi possono essere tanti. Solo che ormai la parentesi del governo tecnico è finita. E Monti ha il dovere di chiarire se si candida o no, chi sono i suoi alleati.
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