Volano lacerti di Gramsci nella sinistra storica e intellettuale. Il pretesto è se esista o no un trentesimo quaderno gramsciano. Beppe Vacca, storico presidente dell'Istituto Gramsci, dice che è una boiata. Luciano Canfora, comunista antico e antichista, invece ci crede e accusa Vacca di scrivere libri affrettati. La sparatoria fra i due è avvenuta in pieno centro, tra le colonne de La Repubblica e del Corriere della sera. Entrambi sono rimasti feriti. Un tempo, i due erano i SS. Cosma e Damiano de l'Ecole barisienne, l'ateneo barese di sinistra.
Vacca, comunista organico con un passato giovanile da missino, difende Togliatti. Canfora avvalora la tesi di un Gramsci in dissenso dall'Urss, ma non perché lui sia più liberale di Vacca: si definisce ancora comunista, ha difeso Stalin e l'assassinio di Gentile. Di Vacca mi reputo amico, non compagno per carità: lui dice che mi sono laureato con lui e io non ho mai avuto il coraggio di dirgli che non è vero, ho solo fatto un esame con lui, cambiando il suo programma monocorde, tutto sul Pci. Con Canfora mi sono trovato a dibattere e lo scorso maggio a Udine mi dava pure ragione su Marx, testimone sconcertato Paolo Mieli.
La lontananza tra noi è così abissale che non è possibile il diverbio, solo la guerra o la cortesia.
Da lontano, Gramsci osserva la scena: reduce dal carcere fascista, sfuggito al carcere sovietico, scrive il 31° quaderno - abbiamo fatto 30, facciamo 31 - per evadere dal terzo carcere, quello dei suoi eredi. E tifa Beppe Grillo, che almeno ha la barba di Marx.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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