Ora che Andreotti è sepolto, rispettate le onoranze, lasciate che vi dica una cosa: benché d'indole nostalgica, non ho nessuna nostalgia dell'andreottismo. Ho visto ai funerali le due Italie, quella di oggi e quella di ieri, e francamente non saprei dire quale sia la peggiore. Non discuto la statura politica di Andreotti, ma l'effetto della sua azione, il metodo del suo potere, il livello dei suoi uomini, il clientelismo elettorale come partecipazione politica, il malaffare, la partitocrazia e la spesa pubblica pazzesca, le ombre nere e le brutture degli anni Settanta, il disarmo totale di ideali, principi e dignità.
A sinistra rimpiangono l'epoca del compromesso storico tra il Pci e la Dc di Moro e Andreotti: era d'alto profilo, dicono, altro che quello odierno. Ma l'Andreotti col quale si consociavano era per loro il mandante di delitti, stragi, associazioni criminali. Nulla di paragonabile con l'ibrida alleanza di oggi. Per restare nella loro stessa convinzione, fu consociazione a delinquere. La demonizzazione del Cav è robetta al confronto, roba di mignotte e di fatture, non di stragi e servizi deviati. Ed è ridicolo, a fronte di quei capi d'accusa, dire: però Andreotti non contestò i processi. Ammazza che tartufi, barattate i crimini con la cortesia.
In realtà, degli anni andreottiani
rimpiangiamo i nostri vent'anni, lo spirito vitale di una società proiettata nel futuro, l'Italia euforica nonostante il debito pubblico. La sua presunta immortalità ci rassicurava che, malgrado tutto, l'avremmo fatta franca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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