Così Ilda va alla guerra contro l’uomo che odia

La Boccassini ha mischiato la legge con l’antipatia per il Cavaliere. E durante la requisitoria è stata più predicatrice che pubblico ministero

Non è un pm sereno. Quello che impressiona della requisitoria di Ilda Boccassini è la foga, il coinvolgimento, come se questo processo fosse una questione personale. Manca la lucidità, il distacco, quello spazio freddo, non emotivo, che separa l'accusa dall'imputato. I processi di solito assomigliano a una partita a scacchi, invece qui c'è la ricerca del corpo a corpo, dove il diritto si mischia con l'antipatia viscerale, non solo verso Berlusconi, ma anche verso il suo mondo, verso Ruby, verso le ragazze, verso una generazione. È come se nell'aula del tribunale si giocasse la sfida finale tra due visioni della vita. Ilda diventa così giustiziera e paladina, predicatrice e moralizzatrice, pubblica accusa e giudice finale. Solo così si spiegano i suoi troppi errori, le cadute, le frasi che toccano il razzismo. Quella «furbizia orientale» rimbalza sui social network e nei giornali, fa discutere in tv e molti si chiedono cosa sarebbe successo se un qualsiasi altro pm avesse definito così la presunta vittima durante un processo. Tutto questo mentre si ironizzava sulla «geografia di Ilda», che sposta il Marocco ad Est.

La Boccassini che bolla una generazione come cinica e perduta. «È una furba che come molti giovani delle ultime generazioni vuole entrare nel mondo dello spettacolo e fare soldi, il guadagno facile, il sogno italiano di una parte della gioventù che non ha come obbiettivo il lavoro, la fatica, lo studio». La Boccassini che racconta e marchia Ruby come prostituta abituale, che frequenta signori in Bentley, ma che si dimentica di aprire un'inchiesta anche contro di loro. Solo Berlusconi. Esiste solo Berlusconi, il male assoluto, il principio e il simbolo di tutto quello che lei odia, detesta, condanna. La Boccassini, appunto, che si lascia scappare un «condanno Berlusconi», come se la sua requisitoria fosse già un verdetto.

Eccola. È questa la donna che dovrebbe tranquillizzare tutti gli italiani su una giustizia non di parte. Non è facile non avere dubbi. Qui è in ballo il destino e la reputazione di un ex presidente del Consiglio, di un leader politico votato da milioni di italiani. In caso di condanna non ci devono essere sospetti. Nessuno dovrebbe restare con la paura che tutto questo avviene solo perché si vuole togliere di mezzo un avversario politico. È nell'interesse della giustizia e dei magistrati spazzare via ogni dubbio, ogni timore, ogni ambiguità. L'Italia non può permettersi il lusso di una giustizia politica. Il guaio è che a destra come nella sinistra, non resa cieca dall'antiberlusconismo ideologico, le parole di Ilda hanno aperto una voragine di dubbi. Tanti. Troppi. La Boccassini ieri in aula ha giocato la sua peggiore partita.

Una condanna di Berlusconi, quei sei anni carichi di rancore, rischia di aprire una ferita insanabile nella democrazia di questo Paese. Non ci sarà più possibilità di condividere nulla, né il futuro né il passato. È come se due popoli vivessero senza riconoscersi sullo stesso territorio. La requisitoria della Boccassini ha costruito una frontiera invisibile che spezza in due l'Italia. La speranza è che i giudici di Milano spazzino via questo muro, questa frontiera.

Il governo Letta, raccontato come un inciucio, è il tentativo di gettare le basi per la terza Repubblica. Ma se non si risolve il nodo giustizia resteremo sempre prigionieri in questo limbo grigio e senza orizzonte. E il nodo giustizia passa per Berlusconi.

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