Affitti d'oro, altra figuraccia per Letta

Il governo costretto alla retromarcia sull'emendamento che obbligava lo Stato a disdire i contratti troppo costosi

Affitti d'oro, altra figuraccia per Letta

Roma - mendamenti Pd che sopprimono un emendamento Pd che a sua volta sopprime un altro emendamento. Proposte presentate e poi sconfessate dai partiti ai quali sono iscritti i primi firmatari; micro interventi in stile Prima Repubblica e pentimenti tardivi di relatori che presentano norme a loro insaputa, infilate lì dal governo del quale si sono incautamente fidati. La sessione di bilancio del dicembre 2013 sarà ricordata come quella dei tira e molla.
Dopo la Google tax, il taglio dei trasferimenti ai Comuni che cercano di limitare l'abuso delle slot machine, ieri è stata la volta degli immobili presi in affitto dal Parlamento e dagli altri organi costituzionali.
Nascosta, come l'emendamento sul gioco d'azzardo, dentro la leggina di conversione del decreto «Salva Roma», ai pochi che sono riusciti a tradurla la norma è apparsa subito come la «Salva palazzi del potere». Poche righe nel moderno latinorum romano («L'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137 è soppresso») per cancellare un emendamento alla cosiddetta manovrina che il Movimento Cinque Stelle era riuscito a fare passare solo una settimana fa.

Niente di rivoluzionario, né di definitivo. La proposta del M5S, firmata da Massimo Fraccaro, prevedeva per le amministrazioni pubbliche, per le autonomie locali e anche per gli organi costituzionali «nella loro autonomia», la «facoltà di recedere entro il 31 dicembre 2014 dai contratti di locazione».
Per fare un esempio, se la presidenza della Camera avesse deciso che, tutto sommato, i deputati si possono accontentare di uffici un po' più stretti dentro il complesso di Montecitorio, avrebbe potuto rinunciare al famoso Palazzo Marini (in realtà tre palazzi) che dal '97 l'immobiliarsta Sergio Scarpellini gli cede in locazione, servizi compresi, per circa 24 milioni all'anno. E avrebbe potuto risparmiare qualcosa dei circa 49 milioni complessivi che Montecitorio ha messo a bilancio quest'anno per le locazioni immobiliari e i servizi connessi (il Senato, nel 2013 prevede di spendere poco meno di tre miliardi).

L'emendamento che, in tempi record, ha cancellato le modifiche del M5S è della relatrice della leggina che converte il decreto Salva Roma, la senatrice Pd Magda Zanoni. La stessa finita sulla graticola nei giorni scorsi per avere fatto passare la proposta Ncd che puniva i Comuni che limitano la diffusione delle slot machine.
«È stato un errore, mi sono fidata del governo», aveva spiegato. Colpa delle troppe proposte da esaminare (330 in tutto). «Se poi l'emendamento ti arriva dal tuo governo che fai? Ti fidi». Però tranquilli, per il resto - aveva assicurato - «il provvedimento è pieno di cose buone».
Difficile sapere se si riferisse al colpo di spugna sul tentativo grillino di frenare il fenomeno dei palazzi in affitto. Di sicuro, al suo partito (soprattutto al neosegretario Matteo Renzi) finire ancora una volta sui giornali come difensori della spesa pubblica meno giustificabile, non deve essere piaciuto. Tanto che è subito spuntato un emendamento Pd che mira a reintrodurre la versione grillina, cancellando quella «democrat» precedente. La maggioranza al Senato ha annunciato un accordo per ripresentare in qualche modo la proposta grillina cancellata dalla stessa coalizione di governo.

E il M5S ha annunciato che, in ogni caso, riproporrà il taglia affitti. Un pasticcio, insomma. Quasi comico, se non fosse che, il caso è esploso solo perché se n'è accorta la stampa. Con buona pace delle battaglie del M5S contro l'informazione di regime.

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