Aiuto torna Di Maio, l'utopia elettrica uccisa dal mercato e Orfeo: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: l'editoriale del nuovo direttore di Repubblica, la condanna di De Pasquale e l'imam

Aiuto torna Di Maio, l'utopia elettrica uccisa dal mercato e Orfeo: quindi, oggi...

- “Aiuto: le auto elettriche non si vendono”. Sapete chi l’ha detto, anzi: chi l’ha scritto? I concessionari dei marchi Stellantis in Europa che chiedono a Ursula von der Leyen di spostare di due anni l’entrata in vigore delle regole sulla riduzione delle emissioni delle auto. Il motivo è semplice: i concessionari, che hanno a che fare con i clienti, si sono resi conto che l’acqua è calda. Ovvero che “si assiste ad una forte riluttanza da parte dei clienti ad acquistare auto elettriche perché i prezzi sono ancora estremamente alti e le infrastrutture di ricarica insufficienti”. E tanti saluti a Carlos Tavares, che non vuole tornare indietro sui regolamenti Ue. E ai talebani del verde, che hanno pensato di imporre una rivoluzione dall’altro senza fare i conti con le tasche dei consumatori. Non aumentando il numero di elettriche, l’unico modo per raggiungere i target Ue sarebbe quello di ridurre la produzione (e la vendita) delle auto endotermiche. Un paradosso. Perché la verità è che al momento l’auto elettrica è stata sconfitta dal libero mercato. La domanda di mezzi a batteria non sostiene l’offerta, soprattutto in assenza di sussidi, tolti i quali il settore è andato in crisi. Detta in altro modo: senza incentivi statali, quasi nessuno si avventurerebbe ad acquistare un mezzo a spina per gli ovvi motivi che tutti conosciamo (tempi di ricarica, infrastrutture, autonomia). Tradotto: l’errore dell’Ue è stato “imporre” una trasformazione epocale - addio al motore a scoppio entro il 2035 - prima che la tecnologia e di conseguenza le preferenze dei consumatori fossero pronti a sostenerla. E se ne vedono i risultati.

- La politica italiana è il regno del possibile, dunque non ci sorprende se Luigi Di Maio - ex grillino e poi ex draghiano, silurato sonoramente dagli elettori con la sua Ape Maio - sta davvero pensando ad un suo ritorno in campo. Dal ritiro dorato come rappresentante speciale dell'Ue nel Golfo Persico, nomina che resta uno dei più grandi misteri della Repubblica italiana, Giggino pontifica sulla lite Conte-Grillo, sul futuro del M5S e sulla sua sconfitta politica ("il giorno che benedico"). Però lancia pure un avviso, che sa di minaccia: "La politica è qualcosa che crea dipendenza. Io spero di essermi disintossicato, però, come tutte le ricadute, tutto è possibile". Non fare scherzi, Luigi. Che non siamo pronti a vederti affacciato di nuovo al balcone per annunciare l'abolizione della povertà.

- Interessantissima intervista, si fa per dire, all’ex presidente della Consulta, Ugo De Siervo, sulla possibile nomina alla Corte costituzionale del consigliere giuridico di Palazzo Chigi, Francesco Saverio Marini, poi andata a vuoto. Dice: “Mi sembra una candidatura fortemente inopportuna. Alla Corte sono stati eletti membri con un’esperienza parlamentare, ma garantendo al massimo il loro distacco dalla politica contingente”. Fatemi capire. La nuova teoria sarebbe questa: se i giudici della Corte sono stati parlamentari di sinistra, garantiscono “il loro distacco dalla politica contingente”. Se invece fanno i consiglieri per un governo di centrodestra, automaticamente non saranno in grado di separare le loro convinzioni politiche dal ruolo che andranno a svolgere.

- Sono andato a cercare l’elenco dei giudici nominati dal parlamento o dal presidente della Repubblica. Francesco Viganò, voluto da Mattarella, era stato membro di una commissione per la riforma della prescrizione ai tempi di Monti, di un’altra per le proposte normative a Palazzo Chigi con Letta regnante e poi coordinatore di un tavolo tematico voluto da Andrea Orlando. Augusto Barbera invece è stato ministro dei rapporti con il Parlamento nel governo Ciampi e parlamentare per il Poi e il Pds. Nel settembre 2022 venne nominato alla Consulta Marco d'Alberti, consigliere giuridico del Presidente Draghi. Di Giuliano Amato neanche a parlarne. Perché loro sì e Marini no?

- Peraltro a sostenere questa stramba tesi sono coloro i quali ci hanno sempre assicurato non essere un problema se una toga si dichiara di sinistra e poi indaga sui politici, perché la professionalità nel giudicare non sarà intaccata dallo schieramento ideologico. Evidentemente, è una magia che funziona solo sei sei di sinistra. Vedi tu che strano.

- “I lettori li riconosci per strada, da come si muovono, da come guardano, da come parlano”. Mario Orfeo delinea una nuova razza: il fedele di Repubblica.

- Curioso passaggio nell’editoriale di Mario Orfeo che ringrazia Gedi “per la libertà del mandato”. Una frase che scritta per ingraziarsi i redattori, che poi sono i veri padroni di Rep. Se vuoi sopravvivere, non puoi inimicarteli.

- Seconda sviolinata di Orfeo, uno che sa galleggiare in ogni tempesta: secondo il neo direttore, Repubblica dovrà riconoscere gli aggrediti nelle guerre, ma senza “girarsi dall’altra parte davanti alle stragi quotidiane di civili innocenti, madri e bambini” (leggi: Gaza). Cerchiobottismo perfetto in una redazione dilaniata tra pro-Israele e pro-Palestina.

- Terzo appunto. Orfeo cita Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro, ma non gli altri direttori che lo hanno preceduto. Quasi a voler imporre una cesura, quasi a voler ricominciare d’accapo. "Io sono il loro erede, quello che è successo nel mezzo poco importa". Tant’è che il povero Maurizio Molinari viene nominato solo di sfuggita per far sapere a tutti che resterà (in cantina) come editorialista. Non un bel trattamento.

- Il fixer libanese di una giornalista Rai è morto di infarto dopo che la troupe è stata aggredita da alcuni uomini. Tragedia immane, ovviamente. Però non è la prima volta che qualcuno prende di mira i giornalisti televisivi, e accade anche in Italia: solo pochi giorni fa, per dire, al corteo Pro-Pal ne hanno picchiato uno; e gli inviati delle Iene o di Striscia la Notizia ne hanno viste di ogni. Dispiace, ma capita.

- Per la cronaca: vatti a fidare della magistratura italiana. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sono stati condannati a 8 mesi per non aver depositato atti favorevoli alle difese nel processo Eni-Nigeria. Ora, la condanna poco ci interessa: per il momento, non essendo arrivati al terzo grado, per quanto ci riguarda restano innocenti. Qui il punto è un altro: applicando il principio tipico dei manettari, bisognerebbe a questo punto fare in modo che per un certo periodo questi signori non svolgano il loro ruolo di pm. Troppo grande il fattaccio per poter continuare ad indagare sulle nostre vite.

- Oh, poi uno scrive e pubblica quello che meglio crede. Per carità. Però vi giuro che ancora non ho capito qual è la ragione di essere della rubrica di Luca Bottura sulla Stampa. Per far ridere, non fa ridere. Le freddure sono pessime. E la profondità delle analisi è pari solo alle scemenze che scriviamo su questa nostra rubrica. Eppure si crede uno bravo.

- Come sapete, abbiamo difeso il diritto dei Pro-Pal di urlare le loro scemenze in piazza il 5 ottobre, fatto salvo il rispetto per i poliziotti (che - come evidente - non c'è stato). Ma sottolineavamo anche che resta compito dello Stato assicurarsi che sul territorio non proliferino predicatori di odio e situazioni pericolose per la sicurezza pubblica. Ecco perché l’espulsione di un imam di Bologna, pachistano, beccato ad inneggiare ad Hamas, esaltare il martirio e l’operato del mujahidin in Palestina, è sacrosanta.

- L’Ue non intende fare passi indietro. E il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, parlando di auto elettriche ha chiesto di “raddoppiare gli sforzi” per aumentare il numero di colonnine di ricarica.

Quello che non ho capito riguarda la seguente frase: “L’Europa non può permettersi di restare indietro e perdere il suo vantaggio competitivo in questa corsa”. Quale sarebbe il “vantaggio competitivo” dell’Ue in questo ambito?

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