Alemanno prenota il bis: "Dalla sinistra solo bugie"

Il sindaco uscente sul palco rievoca l'affermazione del 2008: "Allora dissero che non eravamo all'altezza, ma il Campidoglio non aveva più soldi. Ora i conti sono ok"

Alemanno prenota il bis: "Dalla sinistra solo bugie"

Roma - Gongola il sindaco Gianni Alemanno quando - sul palco del comizio di chiusura della campagna elettorale - osserva la folla sotto di lui ed esclama: «La somma delle persone presenti nelle altre piazze è meno di noi». Un buon segno. Che, sommato al sole che intiepidisce nonostante il vento freddo, fa ben sperare il Popolo della libertà sulle possibilità, oggi concrete, di vedere riconfermato in Campidoglio un governo di centrodestra. Il pubblico si scalda subito sulle note di Roma capoccia ed è facile toccare con mano la passione dei militanti. Una passione che lo stesso Alemanno coccola come deve fare un buon padre di famiglia. Cioè spronandola ma con un occhio attento ai conti. In buona sostanza attento al «bilancio familiare».
Anche nel comizio di chiusura parla di conti, dello sviluppo economico della città, del già fatto e delle cose da fare. E l'emozione gli secca la gola solo quando ripensa ai primi giorni da sindaco nel 2008. «Ci volevano fare la lezione - racconta - ci dicevano che non avevamo la classe dirigente adeguata. Eppure la prima cosa che mi è stata detta una volta entrato in Campidoglio è stata “Sindaco non ci sono soldi per pagare gli stipendi”!» Alemanno diventa un fiume in piena. «In questi cinque anni abbiamo governato con l'handicap - spiega - non solo per i conti disastrosi che abbiamo ereditato. Ma perché abbiamo dovuto fronteggiare cinque anni di bugie».

«Grazie al governo Berlusconi - tuona il sindaco - siamo riusciti a ridurre drasticamente il debito e siamo andati avanti. Anche a dispetto del cieco, ottuso e bestiale ostruzionismo dei nostri avversari». Le tante delibere bloccate, però, verranno «liberate» grazie alla nuova legge su Roma Capitale. E il sindaco si dimostra pronto, carte alla mano, a proseguire quell'opera di «sviluppo per la città».
Insomma il «Modello Roma» targato Veltroni è un ricordo lontano. E non è solo Alemanno a ricordarlo. Con lui sul palco, prima dell'arrivo di Silvio Berlusconi, lo hanno sottolineato anche i suoi alleati. A iniziare dalla «Giovanna d'Arco della destra»: Giorgia Meloni. La quale, prima precisa: «Mi corre l'obbligo di sottolineare che non vorrei fare quella fine» e poi rilancia: «Veltroni ci voleva imporre non solo le bruttezze dell'architettura di stampa marxista, ma anche i menu etnici!». Per fortuna, ricorda la leader di Fratelli d'Italia, ora grazie alla giunta di Alemanno i bambini che vivono a Roma dispongono di menu tradizionali con prodotti locali. Senza stravolgimenti culturali, che non servono a nessuno «e tanto meno a chi deve amministrare una città». Le fa eco lo stesso sindaco che, con lo stesso impeto e la stessa passione della sua alleata, tuona: «Una cosa che non perdoniamo alla sinistra è di denigrare Roma per denigrare noi: Roma non si tocca e non si offende, perché è una grande città».

Ora che la coalizione del centrodestra è cresciuta rispetto a cinque anni fa (acquistando il supporto della Destra di Storace e degli ex Udc guidati dal candidato vicesindaco Luciano Ciocchetti), l'ottimismo è un dress code. Tanto che Alemanno quasi si commuove nel presentare i nuovi pilastri della «futura giunta»: «Voglio presentarvi un amico che ci ha dato nel corso degli anni più di un aiuto senza risparmiarci critiche, come ogni persona dalle passioni sincere dovrebbe fare: Francesco Storace!». Con lui condivide soprattutto il rovello delle questioni sociali. E applaude quando questi ricorda: «Vogliamo che le istituzioni tutte si ricordino un secondo prima degli italiani e poi di chi giustamente ha bisogno di aiuto». E poi lo stesso leader della Destra insiste su temi forti della campagna elettorale: basta con il «mostro di Equitalia» e tolleranza zero contro l'illegalità.
Quasi superfluo indicare il solo bersaglio di questa festa del Popolo della libertà.

Tutti concordi: «Una città come Roma ha bisogno di chi la conosce, di chi la vive e l'ha vissuta - grida la Meloni - non può essere all'altezza un pur ottimo chirurgo che in questa città non ha vissuto. Che non ha fatto la spesa a Testaccio e non si è stretto la mano da innamorato a Ponte Milvio». O che non ha urlato in coro Roma capoccia.

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