Alfano e il rebus alleanze: congela Bossi, chiama Casini

Il segretario Pdl: "Fra la Lega e l’Italia abbiamo scelto l’Italia". Ma non chiude la porta per le amministrative. E all’Udc: "I moderati vincono se uniti"

Alfano e il rebus alleanze:  congela Bossi, chiama Casini

Roma - Il dialogo con gli ex alleati è in una fase difficile. Congelato quello con la Lega, fermo alle prime schermaglie quello con l’Udc. Un quadro in movimento che non incide sulla strategia di Angelino Alfano. Il messaggio che il segretario del Pdl ribadisce, ospite a Radio2 da Barbara Palombelli, è semplice: in questa fase non sono ammesse scorciatoie, dobbiamo avere la forza di ragionare non sull’immediato ma sulla prospettiva di ricomposizione del fronte dei moderati anche a costo di pagare un prezzo.

«L’aggressività di Bossi non è una novità. Berlusconi ha fatto una scelta in dissenso con il nostro alleato storico quando ha appoggiato Monti. Al bivio tra la Lega e l’Italia abbiamo scelto l’Italia. Probabilmente questo ci penalizzerà ora, ma confidiamo che poi venga premiato dagli elettori» spiega Alfano. La speranza di allargare il fronte delle alleanze non è però archiviata. «Accordi con il Terzo Polo? Vogliamo ricostruire l’area moderata. I moderati dal ’48 sono sempre stati la maggioranza: vincono se uniti, perdono se divisi». Un «invito» a cui Pier Ferdinando Casini risponde con un freddo: «Basta intendersi sul concetto di moderati. L’unità è importante ma senza populismo e demagogia». In quanto al Carroccio, «in talune città ci auguriamo un accordo. Dobbiamo ricominciare a tessere le relazioni».

Sull’avvento di un «Papa straniero», con riferimento alle voci su Corrado Passera, il segretario del Pdl è prudente. «Sceglieremo attraverso le primarie. Non c’è preclusione. C’è la premessa etica che chi è chiamato a fare un mestiere si impegni a fare bene ciò per cui è stato chiamato». Nella chiosa finale, però, Alfano si concede una considerazione più tagliente. «Voglio pensare e sperare che i tecnici non siano affezionati alla poltrone. Sarebbe una delusione per i cittadini». Il segretario Pdl dice la sua anche sull’ipotesi che Silvio Berlusconi, archiviato il processo Mills, possa aspirare al Quirinale: «La fine del processo non cambia le sue prospettive, avrà un ruolo perché è la persona che ha maggiore consenso nell’area moderata italiana». La tesi del «salvacondotto» viene comunque rispedita al mittente: «Altro che trattamento di favore. Se tutti i processi andassero a quella velocità la giustizia italiana funzionerebbe benissimo». Infine un pensiero sulle nuove tecnologie. «Twitter mi piace perché ti impone di non girarci attorno».

Sullo sfondo nell’area degli ex An l’appoggio al governo Monti continua ad accendere perplessità. Questa volta è Andrea Ronchi a riunire, presso l’associazione FareItalia, diversi esponenti già nel partito di via della Scrofa come Adolfo Urso, Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Gianni Alemanno. Per Ronchi l’arrivo di Monti «ha scioccato il nostro elettorato, che è disorientato e ha subito un duro colpo psicologico». L’ex ministro ridimensiona la portata dell’azione dell’attuale esecutivo: «Le cose che sta facendo Monti sono nel programma del governo Berlusconi».

Anzi sulle liberalizzazioni è deludente «tant’è che riproporrò la mia battaglia per la liberalizzazione del servizio idrico». Rincara la dose Ignazio La Russa: «Questa è una destra ben diversa da noi. E’ una destra tecnocratica, molto diversa da quella sociale che abbiamo portato nel Pdl».

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