Antimafia a orologeria Adesso finisce il fango

Ora che il Cav sembra fuori gioco l’arma migliore per cacciarlo dalla politica non serve più. Se procure e giornalisti calpestano la giustizia di Sgarbi

Antimafia a orologeria Adesso finisce il fango

La giustizia torna nella fondina. Ora che Berlusconi sembra fuori gioco l’arma migliore per cacciarlo dalla politica non serve più. Adesso cominciano a cadere in tribunale le accuse più infamanti. Non c’è solo la sentenza di revisione del processo d’appello per Dell’Utri. A Firenze si certifica, durante il processo al boss Francesco Tagliavia, che Forza Italia non ha nulla a che fare con le stragi mafiose del ’93. E questo viene detto in modo chiaro, senza dubbi, con una smentita pesante delle rivelazioni di alcuni pentiti. Non è più tempo di Spatuzza e Ciancimino.

Non serve più evocare «scosse» e segreti di Stato. I giudici possono fare i giudici. Senza il Cavaliere l’incrocio tra tribunali e politica perde il suo fascino. Berlusconi non solo non è più «dittatore», ma perde anche la patente da grande imputato. È un ritorno alla normalità. Un po’ alla volta si sfalda anche il romanzo costruito in vent’anni del Berlusconi al centro di tutto, di qualsiasi lato oscuro della storia di questo Paese.

È stato accusato perfino di stragi mafiose. Ora si scopre che per decifrare quello che è successo nel ’92 e nel ’93 bisogna guardare da un’altra parte. I papelli, le tregue tra Stato e mafia, gli accordi sotto banco tirano in ballo autorevoli personaggi al di sopra di ogni sospetto. E questa è una storia ancora tutta da capire.
Il Cavaliere non è più il centro di tutto. Il chiasso mediatico si va spegnendo. Il caso Berlusconi si sgonfia.

Ma non c’è alcun lasciapassare da tirare in ballo. Non ci sono accordi per lasciare spazio al governo Monti. Molto più semplicemente Berlusconi non è più a Palazzo Chigi. Quando si allontana da lì diventa un nemico come tutti gli altri. Non è più il principio di tutti i mali, l’uomo dell’apocalisse, il demone da ricacciare all’inferno. I suoi avversari non lo ameranno mai, ma ridiventa il Cavaliere. È un messaggio chiaro: se te ne stai al tuo posto riusciamo perfino a sopportarti. L’importante è eliminare l’anomalia del Berlusconi al governo. Al massimo può starsene buono all’opposizione come è accaduto con Prodi. Ma prova a vincere le elezioni e il prezzo da pagare è un destino da imputato. Nulla gli verrà risparmiato: dalla mafia alle incursioni nella sua vita privata.

Adesso il fango è finito. Ecco cosa dice la sentenza della corte d’Assise: «Le gravi affermazioni formulate da alcuni collaboratori di giustizia sul senatore Dell’Utri e su di un consapevole appoggio dato alla mafia dallo stesso Silvio Berlusconi e dal movimento politico da lui fondato nel ’93, a quel che consta non hanno ricevuto una verifica giudiziaria, neppure interlocutoria».
Forza Italia insomma non c’entra.

Quattro anni fa Berlusconi ha vinto le elezioni. L’inizio del suo governo è stato buono, fino al terremoto dell’Aquila sembrava poter davvero dare una spinta riformatrice al Paese. Aveva una maggioranza forte e un picco di popolarità. Poi l’offensiva è diventata totale.

Non è un caso che D’Alema, in tempi ancora non sospetti, abbia parlato di «scossa». Da lì in poi venne giù di tutto. Bisognava cacciare l’intruso con qualsiasi mezzo. L’operazione è riuscita. Il Cav ha fatto i bagagli. E le scosse sono finite.

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