Arcore by night... Il processo si fa dal buco della serratura

La corte indugia su ogni minimo particolare e le ragazze si confessano fra imbarazzi veri o presunti. La scorta di Fede

Arcore by night... Il processo si fa  dal buco della serratura

«Ma siccome noi non c’eravamo a quelle feste, ce le racconti bene». «Ma siccome noi non siamo mai state nella villa di Arcore, non dia tutto per scontato, ci spieghi com’è fatta, le vetrate dove sono?». «Ma siccome noi non eravamo lì a sentire, ci riporti con precisione cosa vi siete detti». Ore di particolari (o preliminari) estenuanti (i baby doll rossi, i costumi da bagno che poi «è sicura fossero proprio costumi da bagno, non era piuttosto biancheria intima?», le toccatine «ma dove di preciso, sopra, sotto… e chi toccava chi? E le ragazze, anche loro toccavano?», e i balli «sì ma balli come, e il palo della lap dance?») e poi pause frettolosissime.

Quaranta minuti di sospensione per il pranzo, che poi si ricomincia, tanto si è già tutti sazi d’altro. Un panino e via andare che ’sto processo si prescrive «solo» nel 2025 e quindi è meglio sbrigarsi. Ha due velocità il processo Ruby contro Silvio Berlusconi. Perché il collegio giudicante ha una fretta del diavolo ma ha anche tutto il tempo del mondo.

Dipende da cosa c’è sul banco degli imputati. Se c’è una ragazzotta dell’Olgettina (luogo-non-luogo ormai mitologico fatto di cemento e torbide fantasie, uno di quei posti che ci si stupisce di trovare davvero sullo stradario) che può tirarla in lungo con il racconto dei bunga bunga o se, invece, si tratta della relazione un po’ più asettica di chi, in prima persona, non ha mai «assistito a nulla», di gente che rende inservibili certi termini. Come se una disposta a raccontare avesse medicato la sua voglia di darsi. Come se si dovesse prendere un po’ meno le distanze («Ma siccome noi non c’eravamo…») da quelle ragazzotte collaborative, organiche e redente.

Compare subito un’espressione più comprensiva sotto il battito di ciglia delle «signore giudice» alle quali le giovani donne si confessano fin nei minimi dettagli. L’aula del tribunale di Milano si riempie di un clima più morbido e ilare perché quelle lì con la borsa griffata, gli stivaletti con le borchie e la faccia improvvisamente struccata diventano la dimostrazione del fatto che nella vita si può tornare indietro e riparare. Devono saperlo queste ragazzotte imbronciate per non aver ricevuto un regalino a villa San Martino (ma come, «Io che ero andata psicologicamente preparata a fare sesso, anche in presenza di altre donne, e poi invece nessuno mi ha chiesto nulla, nessuna proposta, nessun invito a rimanere per la notte…») che si è sempre in tempo a rimediare.

Ieri in aula sono «andati in scena» il compagno di Ruby, Luca Risso, faccia da night club, sguardo «laterale», scarpe da ginnastica «con rialzo», due locali che vanno a gonfie vele a Genova (uno si chiama Albicocca, l’altro Fellini) e la possibilità (prontamente sfruttata) di avvalersi della facoltà di non rispondere (è imputato a Genova per un altro processo) ma ai cronisti, poi, ha deciso di dire che «Ruby si è sentita manipolata»; e poi c’era la ex guardia del corpo di Emilio Fede, Luigi Sorrentino (quello che al buio, da due vetrate ha visto passare ragazze in baby doll rossi), e infine due donne. La delusa Natasha Teatino, classe 1990, commessa, da Meda. All’epoca dei fatti, era disoccupata e viveva a casa con la madre e il suo compagno. Dal Cavaliere c’è stata una volta sola, portata dalla sua ex compagna di classe Aris Espinosa. Ma più che non esserle piaciuta Arcore («sì, le ragazze ballavano in mutandine e reggiseno, ma a me non dava fastidio, non ero imbarazzata, sono rimasta fino alla fine della festa, poi me ne sono andata, nessuno mi ha chiesto nulla, tantomeno di rimanere») è lei che non è piaciuta ad Arcore: «Il giorno dopo al telefono con Aris ero contrariata perchè non avevo ricevuto nessuna busta, non ci avevo guadagnato nulla».

Poi è arrivata la ex fidanzata di Risso, Serena Facchineri, quella che stava con Risso quando Risso stava già con Ruby. Quella che hanno intercettato mentre Risso e Ruby erano a Milano con Lele Mora, l’avvocato di allora della marocchina, Luca Giuliante, e un emissario di «Lui», dove per «Lui» (così scritto in un sms di Risso alla Facchineri) pare si intendesse Silvio Berlusconi. La «tradita» si è presentata con un nuovo fidanzato al braccio (che un quarto d’ora dopo l’inizio della testimonianza si è volatilizzato), due occhiaie come due piatti di minestra e una laurea in biologia da sbattere in faccia all’accusa. È stato tutto un «non ricordo» e un «non saprei» e un «non direttamente».

Ha fatto una gran confusione tra quello che aveva appreso dai giornali e quello che aveva appreso dalla viva voce dell’ex fidanzato, e insomma si vedeva che era versata nel presente e infastidita dal passato.

Aveva una gran voglia di dimenticarsi di tutto e pochissima voglia di ascoltare (di nuovo) il testo di quegli sms in cui Risso e Ruby, dopo aver trascorso la notte del 7 ottobre 2010 insieme, parlavano di lei come si parla di tutte le cornute: «Lei era sveglia quando sei tornato? Cos’ha detto?»...

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