La logica dietro questa foto, i migranti incatenati e Meloni: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: l'intervista di Repubblica a Lavrov, la mossa di Dario Franceschini e il ruolo del premier con gli Usa

La logica dietro questa foto, i migranti incatenati e Meloni: quindi, oggi...
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- Comprensibile l’imbarazzo di FdI, che certo non è il partito più garantista che ci sia, per la vicenda Santanché. Ma il ministro non è stato condannato, manco in primo grado, quindi è innocente. Lei sostiene che farà un passo indietro solo se si dovesse arrivare a giudizio per il caso della cassa Covid, il che potrebbe togliere le castagne dal fuoco alla Meloni, ma resterebbe un errore: nessuno deve dimettersi prima del giudizio. O la politica arriva a capirlo o saremo sempre schiavi della magistratura.

- Dario Franceschini dice la sua sull’opposizione a Giorgia Meloni: invece di provare a unire l’acqua e l’olio, cioè il M5S e il Pd, meglio marciare divisi e accordarsi solo nei collegi uninominali. Ottima idea, sia chiaro: Dario è uno che di manovre politiche se ne intende. Ma mettiamo anche che così l’opposizione vincesse, poi che fa? Come governa? Il problema dell’Italia, e direi della sinistra soprattutto, è che non ci si chiede mai quale sia il progetto presentato agli elettori per governare. Ci si occupa solo di superare di un voto l’avversario e poi sperare che “dopo”, cioè nelle segrete stanze, prevalga il desiderio degli eletti di restare qualche anno in Parlamento votando qualsiasi governo possibile. Motivo per cui, di solito, i nostri esecutivi non durano più di due anni.

- Donald Trump pubblica la foto di un gruppo di migranti illegali che, incatenati mani e piedi, vengono fatti salire su un aereo cargo e rispediti in Guatemala. È l’immagine plastica, forte, durissima, della nuova politica sull’immigrazione degli Stati Uniti. Il dibattito è lecito: come valutare quell’immagine? Clandestini o meno, è giusto trattarli così?
Bisogna considerare il fatto da diversi punti di vista. Intanto bisogna immergersi nel modo di fare americano che non è quello europeo, basti pensare alla polizia: da noi se un agente spara un colpo di pistola ne nasce un ginepraio che la metà basta, da loro non fermarsi all’alt delle volanti può essere pericoloso. Sono due modi diversi di intendere la sicurezza. E poi negli Usa vige la pena di morte, il carcere non è una passeggiata e si guardano bene dal chiudere il campo di prigionia di Guantanamo. Se in Italia ci siamo scandalizzati per le catene con cui Ilaria Salis è stata portata in Tribunale, modalità che peraltro anche l’Italia adotta, siamo certi che la cosa non produce pari indignazione negli Usa. Guardatevi le foto dei detenuti inginocchiati a Guantanamo e capirete. C’è poi il punto di vista politico. La foto della Casa Bianca verrà vista da milioni di persone in tutto il mondo, passerà di cellulare in cellulare, raggiungendo chissà quanti potenziali immigrati irregolari. Il messaggio vuole essere chiaro e arriva dritto alla mente: se venite qui, farete la loro fine. In fondo, benché con stile europeo, il principio è lo stesso che sta cercando di attuare Giorgia Meloni con i campi in Albania: mandare un messaggio ai migranti in partenza facendo sapere loro che in Italia potrebbero non metterci mai piede.
Sintesi: no, non mi fa impazzire quell’immaagine. Ma la capisco.

- Andatevi a recuperare tutti i commenti, sciocchi, che gli intelligenti editorialisti e i politici navigati hanno fatto in merito alla presenza di Giorgia Meloni all’Inaugurazione Day di Trump. Sapete perché? Perché oggi, a domanda diretta sulla possibilità di concedere all’Italia un trattamento di favore sui dazi, The Donald non lo ha escluso affermando che “Meloni mi piace molto”. Ecco a cosa serviva esserci: ad avere un rapporto privilegiato. E infatti, secondo il Financial Times, l’Europa adesso conta su Giorgia “per scongiurare i dazi della Casa Bianca”. Capito, scemotti?

- Ricordo che quando Mediaset intervistò il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, scoppiò un putiferio. Tanti giornalisti storsero il naso e il Pd e il M5S si stracciarono le vesti, con Enrico Letta, allora leader, ad accusare la rete perché "l'Italia non può permettersi di avere una grande tv nazionale che trasmette uno spot di propaganda intollerabile" come quello. Bene.

Oggi, tre anni dopo circa, Repubblica pubblica le risposte alle domande rivolte allo stesso Lavrov che è ancora in guerra con l'Ucraina, spara sempre le stesse affermazioni propagandistiche, però siamo certi che nessuno accuserà Rep di aver fornito un microfono di carta a Mosca. Scommettiamo?

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