Quasi tre innocenti al giorno finiscono in manette. Ogni anno ci sono circa mille vittime di ingiusta detenzione o di veri e propri errori giudiziari. Per lo Stato, il tutto ha un costo medio annuo di 30 milioni di euro. È questa la cifra sborsata per “riparare” il torto inflitto. A volte però, dopo carriere stroncate, vite spezzate e gogne subite, non arriva nulla e tutto si blocca per un cavillo. Oltre il danno la beffa, appunto. Quando può, lo Stato rigetta le richieste presentate con motivazioni risibili. Come se, per un cittadino che ha già subito un torto gigantesco, tornare nel girone infernale della macchina giudiziaria non fosse già gravoso. Così molti innocenti preferiscono evitare di intentare causa allo Stato e di spendere altri soldi. Proprio per questo, il dossier nero dell’ingiustizia italiana è un libro sempre incompleto e in costante aggiornamento. L’associazione “Errori giudiziari”, che da anni ha creato un vero e proprio archivio degli orrori, ha stimato che,dal 1991 al 2021, le vittime di ingiusta detenzione sono state 30.017 causando un costo di poco meno di un miliardo di euro. Le elaborazioni più aggiornate, relative al 2022, parlano di 547 casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari con una spesa complessiva per lo Stato di 37 milioni.
Tuttavia, c’è una sorta di buco nero nelle statistiche che farebbe lievitare i numeri addirittura a circa 7mila casi all’anno. “Si fa riferimento solo a chi viene indennizzato, ma le nostre statistiche parlano di circa un indennizzato su sette, assurdo che non si sia arrivati a livello ministeriale ad ottenere delle statistiche ufficiali dei casi di ingiusta detenzione che contemplino anche coloro che sono stati assolti o che hanno visto la loro posizione archiviata ma che non sono stati indennizzati", precisa l’avvocato Gabriele Magno, presidente dell’Associazione nazionale vittime degli errori giudiziari.
Insomma, il prezzo da pagare è altissimo, ma figura sempre di rado sotto i riflettori del dibattito sul funzionamento della giustizia. Così come le vittime sono come fantasmi. Disconosciuti prima e isolati dopo. La riabilitazione sociale è quello che si potrebbe definire lo stress post traumatico delle vittime della giustizia.
“Ho l’intima convinzione che nessun risarcimento potrà mai indennizzare le sofferenze patite ed il torto ingiustamente subito”, dichiara al Giornale Luigi Riserbato, ex sindaco di Trani, messo ingiustamente ai domiciliari per 45 giorni con l’accusa di associazione a delinquere per corruzione e fatto fuori dalla politica prima di essere poi scagionato da ogni accusa.
In compenso, uno dei pm che lo ha inquisito, nonostante una condanna definitiva per violenza privata e una sospensione decisa dal Csm, è ancora in servizio perché ha fatto ricorso e la Cassazione, dopo mesi, non si è ancora pronunciata. Ma che fretta c’è? Nessuna, se è una questione che attiene ai giudici. Coi cittadini comuni la velocità cambia. Ne sa qualcosa Antonio Lattanzi, in galera per tre mesi per concussione. “Il mio è stato un dramma atroce, una vera e propria tortura che avrebbe potuto mettere in dubbio le mie convinzioni ma, alla fine, ho cercato di trasmettere ai miei figli la fiducia nella Giustizia perché l'errore di alcuni non può inficiare la rettitudine dei più”, racconta al Giornale.
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