Se fare il leader di destra è un lavoro pericoloso

La sinistra continua a delegittimare politicamente e antropologicamente l'avversario politico. Ma prima o poi c’è il rischio che qualche pazzo ti prenda alla lettera

Se fare il leader di destra è un lavoro pericoloso
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Fare il politico di destra è un lavoro pericolosissimo. Forse tra i più pericolosi al mondo. L’ultimo esempio, in ordine temporale, è il terzo attentato sventato nei confronti del candidato alle elezioni presidenziali americane Donald Trump. Ieri un uomo armato è stato fermato mentre con un pass falso stava entrando a un suo comizio a Coachella. Un mese prima un uomo con un kalashnikov era stato arrestato vicino al golf club dell’ex presidente in Florida. Fino a tornare indietro all’attentato del 14 luglio a Butler, in Pennsylvania, quando un colpo di arma da fuoco sfiorò l’orecchio del Tycoon. E fin qui siamo alla storia recente. Ma, a ben vedere, le aggressioni nei confronti dei politici di destra, o per lo meno appartenenti a una delle tante destre in circolazione per il mondo, non sono nuove e l’Europa ha già versato il suo contributo di sangue. Perché, talvolta, a una crescente violenza verbale della sinistra si aggiunge la follia di qualche squilibrato. E l’attacco politico diventa anche fisico. Il caso più tragico, nel Vecchio Continente, fu l’omicidio del politico olandese Pim Fortuyn, assassinato nel 2002 da un estremista ambientalista.

Durante gli anni dell’antiberlusconismo più acceso, il Cavaliere subì due aggressioni. La prima, la più lieve, il 31 dicembre del 2004 quando in piazza Navona fu colpito dal treppiede di una macchina fotografica. La seconda, la più tragica, quando a Milano al termine di un comizio fu colpito da una statuetta del Duomo in pieno volto riportando diverse ferite. D’altronde la violenza verbale non ha mai smesso di proliferare tra le frange più antagoniste ed estremiste, quelle che ieri partivano dai centri sociali e che oggi sono confluite anche nella varia galassia dei pro Pal.

E così nel corso degli ultimi anni, senza troppo stupore dell’opinione pubblica e degli osservatori mainstream, abbiamo visto manifesti e murales che ritraevano Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Ignazio La Russa a testa in giù. Immagini in alcuni casi condivise con nonchalance da personaggi di spicco della cultura o della spettacolo italiano. Perché, di sottofondo, c’è sempre il pensiero che i politici di destra si possano insultare un po’ di più. Che la soglia di tolleranza democratica nei loro confronti valga un po’ meno. La cultura del piagnisteo non si fa scrupoli a minacciare e mostrificare e può agire senza alcuna occhiuta sorveglianza.

Perché se continui a delegittimare politicamente e financo antropologicamente un avversario politico che vedi come nemico assoluto, prima o poi c’è il rischio che qualche pazzo ti prenda alla lettera. La folle e pericolosa campagna elettorale della più grande democrazia del mondo ne è un maiuscolo esempio.

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