Bacchettoni o sobri, Il Pd resta una bolgia

Il Pd, pieno di bacchettoni e montiani, ormai rappresenta tutti tranne gli elettori laici e di sinistra

Se il Pdl è un partito un po' naïf che tende all'improvvisazione nei momenti topici, il Pd non è più un partito di sinistra, ma una bolgia in cui si mescolano cattolici bacchettoni, montiani appiattiti sulla finanza mondiale e sulle banche criminali (i cui derivati, titoli tossici, carta da macero, sono 14 volte superiori al Pil mondiale), un partito che rappresenta tutto e tutti eccetto gli elettori laici e progressisti. Lo si è constatato sabato all'assemblea democratica (si fa per dire) che doveva lanciare le primarie per la scelta del candidato premier, fissare il limite di tre legislature per deputati e senatori, votare un punto dell'ordine del giorno riguardante l'estensione dei diritti alle coppie omosessuali.

Ci si aspettava che la riunione celebrasse l'unità di intenti programmatici degli iscritti qualificati, e invece si è conclusa in rissa, a dimostrazione che la politica italiana - tutta - è affetta da una grave malattia mentale ed è in confusione. Tanto è vero che le primarie alla matriciana inventate all'epoca di Walter Veltroni sono finite nel cestino della carta straccia. Così come la scadenza dei parlamentari e, guarda caso, la questione dei diritti civili per gli omosessuali, che era una bandiera della sinistra ed è diventata uno straccio buono per pulire le scarpe di Pier Luigi Bersani.
Come può un partito conciato così permettersi di criticare il Pdl, definire «agghiacciante» il ritorno in scena di Silvio Berlusconi e presentarsi agli italiani quale alternativa al governo tecnico? Siamo d'accordo, Mario Monti finora ha aumentato a dismisura le tasse e ha solo tagliuzzato gli sprechi, provocando un disastro all'economia nazionale; non è stato all'altezza delle attese; ha approvato riforme meno efficaci del necessario. Ma se Bersani suppone di essere attrezzato a sostituirlo nel 2013 si sbaglia di grosso.

Lo spettacolo offerto dal Pd, la sua incapacità a darsi una linea politica, e perfino un'immagine accettabile, la povertà delle idee di cui si riteneva depositario rendono il partito erede del Pci una specie di brutta copia della peggior Democrazia cristiana. Per anni i compagni hanno menato vanto per le loro primarie, e ora le hanno cassate; hanno annunciato di voler rinnovare il Paese e ora brigano perché rimanga impantanato nel vecchiume. Quanto alle unioni gay, essi sono in ritardo rispetto a quasi tutti i progressisti europei. Addirittura Rosy Bindi ha imposto il veto alla discussione sul tema, onde evitare che al termine venisse espresso un «sì» dell'assemblea alle norme proposte da Paola Concia. Neanche il soppresso Msi avrebbe saputo far di peggio.

È una contraddizione stridente il fatto che la sinistra italiana si comporti in materia di diritti civili (omosessualità, fecondazione assistita e fine vita) come la più retriva destra clericale. Bersani in questo campo, dopo la figuraccia di sabato, non ha titoli per impartire lezioni ad alcuno, avendo distrutto la reputazione del Pd, umiliato i suoi dirigenti sensibili alle richieste degli elettori laici.
Non c'è motivo che un progressista voti per un partito in cui sia la Bindi a dettare legge sul piano etico, lei che ha un passato tardodemocristiano. D'altronde, gli interessi della presidente del Pd non si conciliano col bagaglio culturale della Concia.

Due donne del genere, tanto distanti l'una dall'altra, non possono stare nello stesso gruppo politico. Costituiscono l'emblema del caos che regna nell'esercito di sbandati guidati da Bersani, uno che non pensa agli elettori ma soltanto a usarli per entrare dove non entrerà mai: a Palazzo Chigi.

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