Bari resta a sinistra. Con buona pace di chi pensava che l'allarme sulle infiltrazioni al Comune lanciato dalla Procura antimafia potesse sfiduciare il Pd di Antonio Decaro. Si era capito già al primo turno, quando il sindaco uscente si è messo in tasca il biglietto di sola andata in direzione Strasburgo con oltre 500mila voti, lasciando la sua poltrona all'amico dem Vito Leccese, forte dell'appoggio grillino che gli è valso 22 seggi su 30 e il 70,27% dei voti (circa 72mila) contro i 30mila (e sette seggi) per Fabio Romito del centrodestra.
Il governatore pugliese Michele Emiliano, dominus incontrastato della Puglia da ormai 20 anni, ride sotto la barba. La bassa affluenza alle urne - ha votato poco più di un elettore su tre - segnala il grande malessere della città e un centrodestra evidentemente incapace di interpretarlo al meglio. «Il caso del governatore ligure Giovanni Toti ha spostato l'attenzione dei giornaloni dalle ombre di mafia sulla Puglia», dice a microfoni spenti uno dei candidati trombati del centrodestra. «È una coincidenza il fatto che il procuratore capo di Genova Nicola Piacente, che ha fatto arrestare Toti, qualche anno fa abbia lavorato fianco a fianco con Emiliano a Brindisi?», insiste la fonte. Malignità da campagna elettorale, certo. Ma il clima che si respira in città non è quello del plebiscito, anzi.
Sotto la cenere dei guai giudiziari che hanno travolto il Comune e la Regione covano delle novità. C'è la commissione d'accesso che sta cercando di capire la gravità della possibile infiltrazioni della famiglia mafiosa Capriati nella municipalizzata dei trasporti barese Amtab («considerata l'ufficio di collocamento dei boss» secondo la Procura), ci sono le maldestre frasi di Emiliano sull'allora giovane suo assessore Decaro «affidato» a una delle sorelle del boss mafioso Capriati perché lo proteggessero (da chi?), balbettii dal sen fuggiti su cui l'ex pm ha riferito in commissione Antimafia ma solo quando ha voluto lui, cioè dopo il doloroso rimpasto in Regione.
A preoccuparlo infatti ci sono anche le indagini sul suo cerchio magico, da Sandro Cataldo alla moglie Anita Maurodinoia (accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale per aver comprato i voti 50 euro l'uno) per tacere dell'ex assessore comunale Alessandro D'Adamo, indagato per una presunta truffa sui fondi Ue per la formazione, fino ad Alfonsino Pisicchio, di cui Emiliano conosceva il triste destino giudiziario che l'avrebbe fatto arrestare, tanto da avvertirlo via whatsapp che era il caso di lasciare il posto da sottogoverno che occupava.Chissà che la Procura prima o poi senta Emiliano per capire l'identità della talpa che gliel'ha soffiato. Ma ormai il dado è tratto, la città è ancora un suo feudo. E a Elly Schlein evidentemente va bene così.
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