Benedetto XVI se ne va in volo "Ora sono solo un pellegrino"

In elicottero a Castelgandolfo, poi l'ultimo saluto: "Buonanotte". Ratzinger promette obbedienza al successore. Padre Georg in lacrime

Benedetto XVI se ne va in volo "Ora sono solo un pellegrino"

Roma - «Buona notte!»: le ultime parole di papa Ratzinger, l'augurio di un papà che mette a letto i figli. Sono le 17,40 di un giovedì storico e Benedetto XVI sul balcone del Palazzo dei papi si lascia alle spalle il tramonto limpido e struggente che scende su Castelgandolfo. La piazza di sotto è traboccante, lo saluta tra lacrime e bandierine sventolanti.
Lui ringrazia, stende le braccia più larghe del solito. È sereno ma stanco. Ancora due ore e deporrà i segni del papato. «Non sarò più il pontefice massimo della Chiesa ma semplicemente un pellegrino che comincia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra», confessa appoggiandosi al leggìo privo di fogli dal quale pregava d'estate.

Otto anni fa, affacciandosi a un altro balcone, quello della loggia delle benedizioni nella basilica di San Pietro, si era paragonato all'«umile lavoratore nella vigna del Signore». L'operaio, il pellegrino. Immagini semplici, dimesse, prive di sfarzo: sembra di vedere i contadini in preghiera dipinti da Millet nell'«Angelus», poveri e devoti nella sera che sfuma. «Sono felice di essere con voi circondato dalla bellezza del creato - dice il papa alla folla -. Vorrei continuare con il cuore, l'amore e la riflessione a lavorare per il bene comune. Andiamo avanti insieme per il bene della Chiesa e del mondo». Avanti insieme, come ripetono tanti anziani con più coraggio che forze.

Benedetto XVI lascia questa valle di lacrime senza enfasi, in punta di piedi, in «questo giorno diverso dagli altri», dice dal balcone. Tutt'intorno è subbuglio, la tv vaticana lo trasmette in ogni angolo del globo, in piazza San Pietro gruppi di fedeli guardano increduli i maxischermi, le campane della basilica suonano tristi, il mondo si interroga su un papa che si ritira e su chi prenderà il suo posto, non c'è la festa di mercoledì mattina. Ora il più sereno è lui, curvo sul bastone, lento, che stringe mani, sorride, e nell'ultima manifestazione di gentilezza augura la buona notte mentre il sole, come lui, se ne va.
La giornata dell'addio era cominciata con il commiato dai cardinali. Doveva essere un gesto di cortesia nella Sala Clementina, tra velluti e broccati: è diventata l'ultima occasione in cui papa Benedetto XVI ha richiamato il sacro collegio a ciò che più gli sta a cuore. «Vorrei lasciarvi un pensiero semplice: un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero, che costituisce per tutti noi la ragione e la passione della vita». Cita Romano Guardini, teologo di Verona trapiantato in Germania; parole dal suo ultimo libro che porta «una dedica personale anche per me, perciò le parole di questo libro mi sono particolarmente care». Dice: «La Chiesa non è un'istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente. Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi. Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa: il suo cuore è Cristo».

Prima di salutarli a uno a uno, in una lunga ed estenuante sfilata, il papa invita i cardinali a essere «come un'orchestra, dove le diversità, espressione della Chiesa universale, concorrano sempre alla superiore e concorde armonia». Ratzinger non nega le diversità: «Rimaniamo uniti in questo mistero. Serviamo la Chiesa e l'intera umanità: questa è la nostra gioia, che nessuno ci può togliere. Tra voi - aggiunge alzando gli occhi e la mano destra - tra il collegio cardinalizio c'è anche il futuro papa, al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza e obbedienza».
Quando, poco prima delle 17, le telecamere lo riprendono mentre abbandona il Vaticano, alle sue spalle il segretario padre Georg non frena le lacrime. Ratzinger si regge al bastone, si ferma sulle scale del cortile di San Damaso salutando la piccola folla di monsignori, suore, dipendenti della Santa Sede. Anche l'autista della Mercedes nera targata «SCV 1» piange chiudendo lo sportello. Dalla sala stampa parte il tweet di addio: «Possiate sperimentare sempre la gioia di mettere Cristo al centro della vostra vita».

È l'ultima volta che Ratzinger sale sull'auto con le bandierine da capo di stato. Il piccolo corteo si dirige all'eliporto, sul torrione più lontano dal cupolone. Gli impiegati del Governatorato si riversano lungo i viali alberati dei giardini vaticani in un silenzio irreale. Alle 17,07 l'elicottero bianco si alza per atterrare alle 17,23 a Castelgandolfo dopo aver sorvolato tutta Roma.

Alle 17,38 Ratzinger si affaccia, due minuti dopo volge le spalle e scompare. Alle 20 le guardie svizzere chiudono solennemente il portone mentre in Vaticano si sigillano le stanze al quarto piano del Palazzo apostolico e l'ascensore che vi conduce. Un nuovo inizio attende la Chiesa.

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