C'è chi evade a sua insaputa e chi non poteva non sapere. C'è chi si becca un seggio da senatore a vita e chi quel Senato lo dovrà presto lasciare. C'è chi per la svista fa i conti con il fisco, si accorda, paga il giusto e ci mette una pietra sopra e chi si becca una condanna per frode. È la vita. In fondo tutte le cose dipendono da come le guardi e da chi ti guarda. Qualche volta anche da come ti chiami. E tutto questo definisce anche i destini politici. Due entrano e uno esce. Sono le magie del fisco all'italiana. Chi sbaglia paga, ma le pene sono diverse. C'è chi paga con i soldi e chi con il carcere. L'esempio migliore ce lo offre il quotidiano La Repubblica, viscerale nel suo antiberlusconismo, ma che, come capita, non può certo ricordarsi di cosa pubblicò cinque anni fa. Se però si spulciano gli archivi, come fa Dagospia, si scopre che i freschi di nomina senatori a vita Claudio Abbado e Carlo Rubbia, un prestigioso direttore d'orchestra e un premio Nobel, qualche problemino con il fisco l'hanno avuto, tanto che lo stesso quotidiano li definisce presunti evasori.
La storia è questa. Nel 2008 trentadue personaggi famosi risiedono per finta, fittiziamente dicono i burocrati, nel Principato di Monaco. L'Agenzia delle entrate li ha rintracciati, scovati e consultati. Alcuni di loro hanno aderito al concordato e rateizzato la multa, altri si sono appellati alle commissioni provinciali. Il risultato è che lo Stato ha incassato più di ottanta milioni di euro. La cartella esattoriale - scriveva cinque anni fa Repubblica - è arrivata all'indirizzo di Rubbia. Abbado ha firmato il concordato. La lavatrice della buona coscienza ha lavato tutto e il trucchetto della casa a Montecarlo è finito in soffitta, archiviato, dimenticato. È così che il buon Napolitano ha potuto usare gli illustri contribuenti con multa e mora come pacchetto di salvaguardia per un governo senza Berlusconi. Perfino Repubblica ha potuto cambiare l'approccio. Il marchio di furbetti si è trasformato per il direttore d'orchestra e per il Nobel della fisica in un attestato di padri della patria. Anzi, di salvatori della patria.
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