Bersani-Renzi, la strana coppia Il Pd ora ha bisogno del sindaco

Le parti si invertono: il partito chiede aiuto all'ex rottamatore che prima attaccava. Lui annusa il rischio flop e si limita al minimo sforzo. Altro autogol del segretario

Bersani-Renzi, la strana coppia Il Pd ora ha bisogno del sindaco

«Prova un po' a immaginare una situazione del genere - a parlare è un dirigente di spicco del vecchio Pci, oggi in pensione ma non per questo meno attento alle cose della politica - sei innamorato di due donne e, costretto a scegliere, per un motivo o per l'altro decidi di sposare quella meno giovane, meno attraente, non troppo simpatica, persino un po' noiosa. È andata così e te ne fai una ragione: è sana, solida, affidabile. Poi - prosegue con ironia il non più giovane uomo politico - un bel giorno tua moglie ti porta in casa l'altra, quella che non hai sposato, una sventola in minigonna più giovane di vent'anni e piena di allegria. Secondo te l'amore per tua moglie si rafforza? O passi il resto della settimana a chiederti quanto sei stato stupido e quale strepitosa occasione di felicità ti sei perso? Ecco, quando vedo Bersani che si porta in giro Renzi cercando così di acchiappare più voti, a me viene da pensare che invece ne perderà, e parecchi».

I sondaggi sono vietati (per colpa della sinistra, che ancora deve spiegare perché) e dunque non possiamo sapere se la metafora del nostro interlocutore è fondata, e se davvero le (brevi) apparizioni del sindaco di Firenze accanto al non più giovane segretario danneggiano, anziché aiutare, il Pd. Quel che è certo, è che il contrasto non potrebbe essere più vistoso, e l'effetto più spiazzante. Basta ricordare la performance torinese dell'altro giorno: mentre il compagno Pier Luigi Bersani salutava col pugno chiuso la platea di pensionati raccolti sabato dal sindaco Piero Fassino per celebrare una polverosa sinistra europea, Matteo Renzi in jeans e scarpe scamosciate firmava autografi e stringeva mani alla Galleria d'arte moderna, al mercato, allo stadio.
La verità è che Renzi non ha affatto voglia di fare la campagna elettorale per questo Pd, la cui sconfitta non ha bisogno dei sondaggi per essere annusata. La causa della rovinosa campagna elettorale di Bersani, che ha trasformato un rigore a porta vuota in un Vietnam senza uscita, è del resto tutta politica: la comunicazione c'entra poco, o per meglio dire è soltanto l'aspetto più visibile di una scelta sballata di contenuti, alleanze, programmi e interlocutori. La modernità renziana - talmente moderna da ricevere più volte l'accusa infamante di berlusconismo - è stata riassorbita e cancellata, non soltanto simbolicamente, nel pugno chiuso del segretario-candidato premier.

Di tutto questo Renzi è talmente convinto, da non far nulla per nasconderlo. Sentite questa dichiarazione di voto: «Voto Bersani non solo perché l'ho promesso, ma perché tra i candidati in campo è quello che ha più chance di presentare una credibile proposta di governo». Incredibile. È come dire che Bersani è il meno peggio, che turandosi il naso lo si potrebbe persino votare, che i boy scout mantengono le promesse anche quando la cosa appare ripugnante, e che il segretario del Pd, proprio ad essere generosi, forse - forse - riuscirà a dar vita ad un governicchio «credibile». Se questo è un endorsement di campagna elettorale, c'è da aver paura pensando alle critiche che, dopo la sconfitta del 24 febbraio, inesorabilmente pioveranno come pietre sul povero Bersani.

E proprio questo è il punto. Renzi, come del resto chiunque non faccia parte dello staff del segretario, sa benissimo che le elezioni andranno male. E magari molto male. Nella migliore delle ipotesi per governare serviranno i voti di Monti, forse bisognerà chiederne anche a Ingroia, e se le cose dovessero andare proprio storte ci si ritroverà con il Cavaliere a Palazzo Chigi. Non male, per un partito che a dicembre superava nei sondaggi il 40% dei voti.
Renzi, del resto, lo aveva ripetuto per tutta la sua campagna elettorale, ai tempi delle primarie: per battere la destra bisogna conquistare i voti degli elettori del Pdl. Fu accusato, anche in quel caso, di essere un infiltrato berlusconiano. Ora che gli elettori del Pdl, terrorizzati da Landini e da Vendola, sono incerti fra l'astensione, Grillo e il ritorno nelle braccia del Cavaliere, la non-vittoria di Bersani è divenuta una certezza.

Così Renzi aspetta che il cadavere del suo avversario passi lungo il fiume, e si limita al minimo sindacale: dopo il comizio fiorentino e la giornata torinese, è in programma una manifestazione a Palermo (ancora da confermare). In attesa che lo «squadrone» bersaniano venga definitivamente retrocesso.

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