"Avanti come un rullo compressore sulle riforme". Matteo Renzi non guarda in faccia nessuno. Dopo aver blindato il ddl costituzionale con Denis Verdini, che per conto di Silvio Berlusconi ha garantito l'appoggio di Forza Italia, il premier tira dritto e non si lascia imbrigliare dalla premiata ditta Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà che negli ultimi giorni sono tornati alla ribalta col solito appello contro le riforme e contro la "svolta autoritaria" del governo. Non vogliono che si tocchi la casta dei senatori, difendono lo status quo e, soprattutto, si schierano contro una struttura pachidermica e costosa che, attraverso il bicameralismo perfetto, sta affossando il Paese. "In questi ultimi trent’anni - tuona il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi - le continue prese di posizione dei Professori abbiano bloccato un processo di riforma oggi non più rinviabile per il Paese".
Qui sta la vera staffetta generazionale, non quella del ministro Marianna Madia. La staffetta generazionale tra l'ideologico "no" alle riforme e l'impegno a cambiare un Paese fiaccato dalla burocrazia e da una Costuzione che per certi soloni è intoccabile. Così, è bastato che Renzi calendarizzasse la riforma del Senato e l'abolizione del Cnel (ente inutile per eccellenza e antipasto di una spending review a più ampio raggio), ed eccoli spuntare come funghi. I nomi sono sempre i soliti, non stupiscono più - anche perché molti sembrano cambiare idea e casacca a seconda dell'occasione. "Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale, per creare un sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali - tuonano Zagrebelsky e compagni - con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare". E giù l'intellighenzia rossa a firmare contro Renzi, contro le riforme. Vorrebbero ingessare il Senato, la Costituzione e l'Italia. Ma Renzi non sembra curarsene granché. Punta ad arrivare a una prima lettura entro il 25 maggio, quando gli italiani saranno chiamati a votare per le elizioni europee.
Contro questi Professori che difendono lo status quo si è schierata anche la Boschi dopo che ieri sera, ai microfoni di Otto e mezzo, lo stesso Renzi ha ricordato come una trentina di anni fa Rodotà volesse riformare il Senato. Addirittura, nel 1985, fu il secondo firmatario di una petizione per abolirlo. "A me va tutto bene, non ho la verità in tasca, ma chiedo che si guardino i fatti e che si chiamino col loro nome - ha spiegato il premier incalzato dalla Gruber - Rodotà può anche aver cambiato idea. Ma non si può dire, se lo dice lui, che io sono anticostituzionale". Come fa notare anche la Boschi, sono proprio queste prese di posizione che nella Seconda Repubblica hanno pericolosamente osteggiato la spinta riformatrice del Paese.
Dalla Costituzione alla giustizia, dalla burocrazia alla pubblica amministrazione, i soliti soloni della sinistra si sono sempre schierati contro. "Ci possono essere posizioni diverse che sono legittime - fa notare il ministro per le Riforme - ma ci sono anche altrettanti costituzionalisti validi che invece sostengono il nostro progetto".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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