Umberto Bossi sembrava il padre di una famiglia lasciata a un nuovo capo. Ha chiesto unità, ha fatto autocritica, ha offerto le scuse ai militanti per i danni fatti dai suoi familiari, si è commosso e ha parlato di complotto mediatico ("il cerchio magico non esiste, è un'invenzione dei giornalisti farabutti") e giudiziario ("vogliono colpire la Lega perché è l'unica forza di opposizione che va contro il sistema").
Il popolo padano è con lui. Ma anche con Bobo, il nuovo padre della famiglia. I cori si alternano, ora per l'uno o per l'altro. I militanti litigano tra di loro, si guardano in cagnesco. Ci sono quelli che preferiscono avere due padri, ché uno è troppo poco. Come i militanti che indossano le pettorine verdi con la scritta: "Bossi Bobo Boys". Alla fine il grido "Lega, Lega" placa le tensioni e le divisioni. Quello che è indubbio, e su cui la base è d'accordo all'unanimità, è la voglia di pulizia, anzi il dovere di pulizia all'interno del Carroccio, testimoniato dalle centinaia di scope e ramazze innalzate dal popolo verde.
L’è ura de netà fò ol polèr: è ora di pulire il pollaio. È lo slogan del raduno leghista alla Fiera di Bergamo. E' la scritta che campeggia sulle magliette bianche in vendita a 5 euro.
Bossi sale sul palco, sopra il quale non si può non notare la gigantografia del Senatùr e la scritta "Grazie Umberto", e ottiene la standing ovation. Non si può dimenticare un padre. Nemmeno se ha commesso qualche errore. Devozione, sussiego e rispetto si leggono sugli occhi del popolo delle camicie verdi. Ma sembrano sentimenti ancorati al passato, retaggi di un amore immenso ma finito. Adesso il popolo vuole cambiare. Pretende che vengano eliminate le mele marce del Carroccio, punta su Maroni e sul suo disegno politico.
Un disegno politico all'insegna della pulizia, del rispetto delle regole, dell'unità del movimento, della meritocrazia. Bobo parla già da leader e lancia il nuovo "codice morale".
"Sono giorni di passione, di dolore. Ma anche di rabbia e di onta perché trattati da partito di corrotti", ha esordito l'ex ministro dell'Interno, sottolineando "l'orrore per le accuse di collusione con la 'ndrangheta e con la mafia".
Il leit motiv è uno solo: "Bisogna fare pulizia, chi sbaglia paga e chi ha preso i soldi li dovrà restituire". Maroni brandisce una scopa, chiede di anticipare il congresso federale a giugno, snocciola uno ad uno i passi indietro, prima quello di Umberto Bossi e poi quello di Renzo Bossi. E tra la folla che fischia i nomi del figlio del Senatùr, quello di Francesco Belsito e quello di Rosi Mauro, Maroni annuncia: "Giovedì l'ex tesoriere sarà espulso e ci penserà la Lega a dimettere il presidente del sindacato padano che finalmente sarà guidato da un padano vero".
E a proposito di Rosi
Mauro, il vicepresidente del Senato alle 12 e 30 avrebbe dovuto presiedere la seduto a Palazzo Madama. Eppure, a salire sullo scranno più alto del Senato è stato il presidente Renato Schifani, che l’ha sostituita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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