Contrordine compagni, anche Repubblica si accorge che Canfora (nella foto), non l'illustre direttore d'orchestra dei favolosi anni ma il filologo storico, docente all'Università di Bari (ahimé), ha detto cose «sconcertanti» nei confronti di Giorgia Meloni, definendola «neonazista nell'animo... trattata di solito come una mentecatta» per poi ribadire l'assunto, quasi a pavoneggiarsi per le parole libere e il pensiero profondo, quasi esclusivo che, lo ha annunciato lui medesimo, vorrà spiegare e illustrare in tribunale, a seguito della querela presentata dalla premier. Ma ecco lo scoop, ecco la novità, sulle pagine di Repubblica è apparso il duro commento, a firma di Tito Boeri e Roberto Perotti, due docenti di economia alla Bocconi di Milano e non certamente una coppia di nostalgici e/o fiancheggiatori del presidente del consiglio. Una presa di posizione netta, di pura educazione politica là dove il rispetto per le idee altrui e diverse è ormai in via di estinzione, sostituito dall'aggressione verbale, dall'insulto in smart working, dall'alto di una cattedra e dal basso di una sensibilità umana, secondo usi e malcostumi di Canfora.
Boeri e Perotti ammoniscono il docente sottolineandone le «tonnellate di razzismo culturale e di sessismo» utilizzate nella caricatura di Giorgia Meloni e ricordando, per chi non ne avesse nota, il nobile pensiero riservato dallo stesso barese alla eccellenza democratica, il grande statista Iosif Stalin la cui «opera è stata positiva, anche se aspra, per la Russia» e potrei aggiungere la chiosa: «al contrario di quella di Gorbaciov». Canfora, da neostalinista non nell'animo ma nel cervello, ha dimenticato i milioni di ucraini morti per carestia negli anni Trenta, Boeri e Perotti lo hanno richiamato all'ordine. È la perestroika di Repubblica.
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