Un cartello unisce l'Italia: "Negozio chiuso per rapina"

Banche e gioiellerie super protette. Così i criminali prendono sempre più di mira i piccoli commercianti. A centinaia dopo il colpo non riaprono

Un cartello unisce l'Italia: "Negozio chiuso per rapina"

Il campionario dei cartelli sulle serrande abbassate è ricco di opzioni: «Chiuso per ferie», beati loro; «Chiuso per lutto», condoglianze; «Chiuso per ristrutturazione», era ora; «Chiuso per fine attività», godetevi la pensione.
Ma c'è un «chiuso» di fronte al quale ogni commento rimane strozzato in gola, «Chiuso per rapina». Chi passa e lo legge non riesce a fare lo spiritoso. Mai. Perché dietro quelle tre parole c'è sempre un dramma.
Ci sarà stato un morto? un ferito? o tutto si è risolto «solo» con un gran spavento? Fatto sta che ora lì ci sono carabinieri e polizia per fare - come dicono i cronisti di nera - i «rilievi di rito»: impronte, testimonianze, inventario della refurtiva...
La banca, il supermarket, il negozio diventano off limits per il pubblico. E all'ingresso una mano attacca un foglio con la fatidica frase: «Chiuso per rapina». A volte la calligrafia è tremante, quasi a rappresentare uno choc insuperabile che porterà la vittima a non riaprire più il proprio esercizio commerciante; altre volte i caratteri sono ben definiti, come a dire: «Ci hanno colpiti, ma siamo già pronti a ricominciare».

C'è tutta un'Italia dietro quel «Chiuso per rapina» vergato col pennarello nero. Un grido di dolore che è al tempo stesso richiesta di sicurezza, ma anche voglia di rimettersi in gioco con le proprie forze. Il cartello è attaccato col nastro adesivo sulla porta d'ingresso della banca. Nell'ultimo triennio ne sono stati affissi a decine in tutta Italia; ogni anno la percentuale diminuisce, ma si tratta comunque di numeri da brivido.
Gli istituti bancari e gli uffici postali maggiormente presi di mira non sono nelle grandi città, ma quelli più vulnerabili dell'hinterland dove, messo a segno il «colpo», le vie di fuga per le bande sono meno rischiose. Poi ci sono le gioiellerie che, nonostante si siano rafforzate sul fronte sicurezza, restano obiettivo privilegiato di gang specializzate. Mano pesante anche contro farmacisti e tabaccai, categorie che - a differenza di bancari e gioiellieri - non possono contare neppure su particolari sistemi di protezione come porte blindate e vigilantes privati.

Farmacisti e tabaccai in balìa di delinquenti sotto l'effetto della droga e per questo ancora più pericolosi. Entrano, minacciano, portano via l'incasso. Una sorta di «bancomat» dove prelevare anche più volte alla settimana. Meglio non reagire. Ma a volte non va così e allora sono tragedie vere. Allarmi e telecamere non fanno paura a gentaglia disposta a uccidere per pochi euro. Così la cronaca si macchia pure del sangue di fruttivendoli, baristi, ristoratori, negozianti (vittime, complessivamente, di oltre 500 rapine all'anno).

Ad accomunare la grande banca del Nord al piccolo commerciante del Sud (o viceversa) è sempre lui»: il maledetto cartello, «Chiuso per rapina».
Nei piccoli centri, dove tutti si conoscono, è una scritta che mette i brividi. «Cos'hanno fatto a Gino?», chiede la signora davanti al «Chiuso per rapina» che campeggia sulla vetrina della sua panetteria di fiducia. «Gino» è il fornaio che la serve da 20 anni. «Come sta Gino? Cosa gli hanno fatto?».
Il poliziotto la allontana dalla porta: «Una rapina, gli hanno sparato». Morirà in ospedale poco dopo.

Aveva 72, tutti lo chiamavano «nonno Gino».
Il foglio con la scritta «Chiuso per rapina» è ancora lì, sulla vetrina della panetteria. Oggi piove, l'acqua inzuppa la carta. L'inchiostro gocciola giù. Sembrano lacrime, nere di rabbia.

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