Caso Mps, pista giapponese: blitz della Finanza in Nomura

Perquisita la sede della banca d'affari a Milano: nel mirino un'operazione con Montepaschi sul derivato "Alexandria". I pm senesi in trasferta a Lugano

Caso Mps, pista giapponese: blitz della Finanza in Nomura

Roma - Nuova puntata dell'inchiesta Mps, stavolta con tappa a Milano. Ma ancora alla larga dalla politica. Gli uomini del valutario della Gdf hanno perquisito gli uffici della banca d'affari giapponese Nomura. Scopo della «visita», diretta personalmente da Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, due dei tre pm senesi titolari dell'inchiesta su Mps, far luce sulla ristrutturazione di «Alexandria», il derivato che Monte dei Paschi aveva affidato nel 2009 a Nomura per ristrutturarne le perdite. Con un accordo perfezionato a luglio in una conference call che Nomura registrò, rimarcando che Mps avrebbe dovuto informare su ogni aspetto dell'accordo Kpmg, sua società di revisione. Mps non lo fece.
Per la vicenda sono indagati l'ex presidente di Mps Giuseppe Mussari e l'ex dg Antonio Vigni (accusati di ostacolo all'attività degli organi di vigilanza - Consob e Bankitalia - anche per il contratto con i termini dell'accordo finito occultato in cassaforte), oltre all'ex capo area finanza Gianluca Baldassarri, considerato il «regista» dell'operazione. Dalle carte emergerebbe il coinvolgimento di nuovi dirigenti di altre banche. Le indagini, spiegano le Fiamme gialle, sono finalizzate «a individuare le responsabilità di soggetti apicali di vari istituti di credito». Indagato - ma non è chiaro da quale procura - sarebbe il consigliere in carica di Mps Michele Briamonte. L'avvocato torinese - consulente per lo Ior per lo studio legale Grande-Stevens - era stato fermato dalla Gdf a febbraio e s'era rifiutato di aprire la valigia esibendo un passaporto diplomatico Vaticano. E Siena l'aveva perquisito, senza indagarlo, dopo la fuga di notizie sulla causa per danni contro Nomura, insieme al collega Gorgoni, ex «Banca121». Stessa banca d'origine del «dalemiano» De Bustis, citato proprio da Baldassarri con i pm a proposito dell'operazione Santorini, della quale l'ex capo dell'area finanza si sarebbe occupato, appunto, «tra 2002 e 2003 su mandato di De Bustis». La vicenda Alexandria comincia nel 2005, quando Mps acquista il derivato da Dresdner per 400 milioni di euro, e coinvolge Nomura nel 2009, quando il Monte decide di contenere le perdite ristrutturandolo con i giapponesi. Tra i punti contestati dagli inquirenti, ci sono quei 240 milioni di euro di perdite non contabilizzate nel bilancio 2009. L'esito dell'affare per Mps è disastroso. Non così per Nomura (che il nuovo management di Rocca Salimbeni ha citato per danni), come ha raccontato a verbale il manager italiano Raffaele Ricci, controparte di Mps per Alexandria sia nel 2005 (quando lavorava per Dresdner) sia nel 2009 (dopo il suo arrivo in Nomura). Ricci lo scorso 8 febbraio racconta ai pm: «All'indomani della chiusura dell'operazione Alexandria, Nomura ha segnato come utile dell'operazione circa 40 o 45 milioni di dollari. Alla chiusura dell'esercizio 2009/2010 posso indicare (...) un utile complessivo per Nomura superiore ai 100 milioni di dollari». Un ricavo fruttuoso quello del «progetto Stoccolma» (nome in codice dell'accordo) per la banca nipponica, che nel 2010 riconosce a Ricci 10 milioni di dollari di bonus. Oggi i pm senesi arrivano a Lugano per incontrare i colleghi svizzeri al lavoro sulla Lutifin e che indagano Baldassarri per riciclaggio.

Era stato l'ex manager Dresdner Antonio Rizzo a rivelare d'essersi insospettito per la commissione a suo parere indebita destinata alla società svizzera in un'operazione tra Mps e Dresdner, e di aver saputo dal collega Michele Cortese che la «stecca» era per i vertici «finanza» di Mps, Baldassari e Pontone, noti come «banda del 5 per cento». La Gdf di Siena intanto conferma di essere al lavoro anche sulla cessione di un palazzo romano venduto nel 2011 da Mps a un fondo immobiliare per 130 milioni di euro.

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