Si muove anche la Federazione nazionale della stampa italiana. "È inaccettabile che un giornalista per fare il suo lavoro e per le sue opinioni rischi la galera. Non è da Paese civile. Succede solo in Italia e questa è una delle ragioni principali per cui l’Italia è così in basso nelle graduatorie mondiali sulla libertà di stampa", è il commento della Fnsi alla notizia della condanna del direttore del Giornale Alessandro Sallusti. "Una condanna mostruosa - prosegue l'Fnsi - che non può essere accettata come atto di giustizia giusta, ancorchè dovesse risultare coerente con il codice penale italiano. Il punto è proprio qui: le norme sulla diffamazione e le sanzioni restrittive della libertà personale del giornalista sono retaggio di sistemi non compatibili con la democrazia con le carte universali dei diritti umani, con la Carta dei diritti europei". Sicuramente, si legge ancora nella nota della Federazione nazionale della stampa, "una Corte di Giustizia internazionale competente su queste materie cancellerà questa sentenza, e sanzionerà l’Italia per il danno recato, perchè in caso di conferma della condanna il collega Sallusti dovrebbe intanto cominciare a scontare la pena in carcere per reato di opinione". "È incredibile che, dopo anni di denunce e di casi eclatanti di questo tipo, persino di intervento del Capo dello Stato che in una vicenda simile che colpì l’ex direttore Iannuzzi intervenne con l’atto di grazia, nulla sia stato fatto per cancellare queste norme liberticide dal nostro Codice" .
L'Ordine dei giornalisti si esprime attraverso un comunicato online: "L’ipotesi che il direttore de Il Giornale,Alessandro Sallusti, finisca in carcere per diffamazione induce a chiedersi se l’Italia è davvero la culla del diritto. In quale Paese al mondo si può essere condannati a 14 mesi di detenzione per omesso controllo, in relazione ad un articolo scritto da altri, con una sanzione che passa nei due gradi di giudizio da 5.000 euro di multa al carcere? Emerge poi, a quanto si legge, che in Appello Sallusti non è neanche stato assistito dal suo difensore di fiducia che non sarebbe stato reperibile.
Prima ancora di chiedersi che fine abbia fatto quel legale e se il suo Ordine professionale ne sa qualcosa, viene da domandarsi se era davvero impossibile differire quell’udienza per riconoscere a Sallusti il sacrosanto diritto ad una difesa non rituale. In un mondo, quello della giustizia, che accumula ritardi di anni, che cosa ha impedito un breve rinvio? Qualcuno risponderà? Ad esempio il ministro della Giustizia, Paola Severino".
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