Tutti vogliono Monti, tranne gli italiani. Lo vuole l'Europa, lo vuole il Ppe, lo vuole la Merkel, lo implora Obama, gli lascia spazio Berlusconi, lo vogliono i vescovi, lo evoca perfino il francese e socialista Hollande, che a pensarci bene dovrebbe tifare per Bersani, ma a quanto pare neppure lui se la sente di controfirmare la vittoria della coalizione vendoliana. Perché se Bersani è il candidato premier, il buon Nichi con la sua sola presenza definisce l'identità del futuro e ipotetico governo.
Il pranzo dei popolari europei a Bruxelles diventa insomma un brindisi a Monti e l'improvvisata del rettore sa tanto di un outing sul quello che vuole fare nel 2013. Monti fa capire che è pronto a mettersi in gioco per tornare a Palazzo Chigi e indica anche da che parte stia. La sua casa è il Ppe. Questo significa che in chiave italiana lui non può essere che alternativo a Bersani. È una rinuncia alla poltrona di ministro dell'economia in un governo colorato Pd. Forse ha anche capito che le promesse sul Quirinale erano un pour parler e di fatto con questa investitura popolare è difficile che a sinistra continuino a vederlo come un personaggio super partes e istituzionale.
Monti è pronto al grande passo, ma prima di farlo davvero deve risolvere una questione non marginale. Per vincere le elezioni servono i voti. I suoi sponsor internazionali sono molto influenti ma ancora non possono prenderlo di peso e piazzarlo sulla poltrona di premier. I partiti centristi che ogni secondo sbandierano la loro fede montiana fanno invidia ai farisei per salamelecchi e devozione, ma con il loro patrimonio elettorale in Parlamento possono piazzarci un paio di tende. Si sbracciano tanto e raccolgono poco. Gli italiani, oltretutto, non sbavano per i tecnici come fanno i potenti di mezzo mondo. La partita insomma è tutta da giocare. C'è una novità che arriva però da Bruxelles. Merkel e Berlusconi si sono trovati d'accordo su una cosa. E questa cosa è Monti candidato premier. La cancelliera lo fa per spirito coloniale, vuole un'Italia allineata a Berlino e un'Europa a vocazione tedesca. Il Cavaliere è indispensabile per dare un'alternativa alla vittoria scontata di Bersani.
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