La Cei mette all'indice i nemici del premier

Bagnasco: "Chi blocca le larghe intese ne risponderà alla storia". Poi la reprimenda a Grillo: "Il populismo è dannoso"

Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco
Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco

Il governo Letta ha dei nuovi alleati e Beppe Grillo dei nuovi avversari: sono i vescovi italiani. Si potrebbe sintetizzare così, forse un po' sbrigativamente, la prolusione con la quale ieri Angelo Bagnasco ha aperto i lavori della 65ª assemblea generale della Cei, la prima dopo l'elezione al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio. Chi blocca il governo ne risponderà alla «storia», scandisce il presidente della Conferenza episcopale italiana; «nell'ora urgente» tatticismi e populismi sono dannosi. Il capo dei vescovi parla mosso dalla passione per il «bene comune», un criterio che sembra caduto in disgrazia. E si mostra profondamente preoccupato per le sorti della comunità italiana. «Pensare alla gente - avverte Bagnasco - questa è l'unica cosa seria». Anche se non fa nomi e cognomi i destinatari dei suoi moniti sono facilmente riconoscibili. Se ne dovranno fare una ragione gli avversari della cosiddetta «pacificazione»: la Cei benedice il governo delle larghe intese. «Dopo il responso delle urne - premette il cardinale - i cittadini hanno il diritto che quanti sono stati investiti di responsabilità e onore per servire il Paese, pensino al Paese senza distrazioni, tattiche o strategiche che siano». Il bene comune e le sorti della gente sono la «missione» dei governanti: «Pensarci con grandissimo senso di responsabilità, senza populismi inconcludenti e dannosi - ecco il riferimento al grillismo - mettendo sul tavolo ognuno le migliori risorse di intelletto, di competenza e di cuore. Insieme è possibile», sottolinea il capo dei vescovi italiani, anche sulla scorta di «gesti e disponibilità esemplari» che, osserva riferendosi a Napolitano, abbiamo visto «ad alti livelli».

Mai incline a bizantinismi dialettici o a sfumate diplomazie, in passato, era il settembre 2011, Bagnasco aveva criticato «i comportamenti tristi e vacui» di Berlusconi e, più di recente in un'intervista al Corriere della Sera, si era assai esposto in favore di Monti. Stavolta, consapevole del momento, stigmatizza tatticismi e personalismi soprattutto di chi intende speculare sulle debolezze per guadagnare un tornaconto politico futuro. «L'ora è talmente urgente che qualunque intoppo o impuntatura, da qualunque parte provenga, resteranno scritti nella storia», scolpisce il cardinale arcivescovo di Genova. Sono parole minacciose che suonano come una «scomunica» nei confronti di chi boicotta e fa ostruzionismo. Parole che muovono dalla constatazione che il «clima di ostinata contrapposizione» sedimentato nel Paese rischia di pregiudicare qualsiasi tentativo di costruzione e di ripresa. «Quando la naturale logica del confronto e della dialettica sale nei toni e nelle parole - osserva Bagnasco - quando non arriva mai a conclusioni condivise ma si impunta avvolgendosi su se stessa, quando si cristallizza diventando costume, allora si rischia la patologia che paralizza il vivere sociale». Tanto calzante quanto allarmante, è il ritratto dell'Italia di oggi. Solo che in mezzo c'è una crisi profonda che assilla famiglie, giovani e anziani. La Chiesa ne ha perfettamente il polso vedendo moltiplicarsi a dismisura «le richieste di aiuto» alle parrocchie, alle Caritas, alle mense, ai gruppi di solidarietà. «Siamo nel vortice dell'emergenza che, come un'onda irriducibile e crescente, assedia». La mancanza di lavoro è «la lama più dolorosa nella carne della gente», sottolinea citando, una delle numerose volte, papa Francesco: «Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità della persona».

Diventa perciò sempre più urgente «un forte e deciso piano industriale che rilanci la produzione nazionale». Anche perché, incalza la Cei, di fronte a un'economia che rallenta, non si possono più mantenere «pesanti politiche fiscali».

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