Il fervore patriottico del centrodestra, la freddezza se non l'indifferenza della sinistra e della galassia grillina. Neanche la bandiera nazionale riesce a unire un Paese sempre più restio a riconoscere simboli universali, forse per il tic inconsapevole di trovarsi in sintonia con chi governa a pochi mesi dalle elezioni europee.
Dalle parti del Palazzo, ogni occasione per gridare Viva l'Italia si trasforma in un sofferto processo interiore che rimanda inevitabilmente alle elezioni del 2022, associato a un buco nero nella storia recente del Paese. Come se la premier Meloni e il suo presunto armamentario ideologico avessero lottizzato il Tricolore, di cui ieri è stato celebrato (non da tutti) l'anniversario numero 227, sottraendolo a chi non la pensa come lei.
E allora, chi ha perso le elezioni preferisce glissare o avventurarsi in ragionamenti da cineforum, come Marwa Mahmoud, della segreteria nazionale del Partito democratico: «A differenza di chi ne fa un uso strumentale per dividere, per ergere muri in difesa di nazionalismi e identità, noi dobbiamo recuperare la sua funzione di unità nazionale e di elemento distintivo nel più ampio contesto europeo».
Ci mancavano solo i custodi del Tricolore alla caccia di un eventuale utilizzo strumentale da parte dei soliti noti, magari quelli che risiedono a Palazzo Chigi. Liberi tutti di fare il processo alle intenzioni, ma francamente diventa un po' difficile ravvisare un uso distorto del simbolo nazionale nella dichiarazione appassionata della presidente del Consiglio. Così ha scritto sui social: «Nella Giornata Nazionale della Bandiera celebriamo il nostro Tricolore, che da 227 anni ci accompagna. Con orgoglio ne omaggiamo i più alti valori, perché onorare la Bandiera italiana vuol dire anche conservare e custodire la nostra storia e le nostre radici. Viva la Bandiera italiana. Viva l'Italia».
Poi qualche spirito malizioso non mancherà di declinare un impeccabile ragionamento, non divisivo in una versione del «credere, obbedire, combattere» riformulata da un intelligenza artificiale imbeccata da surrettizi criteri nazionalistici. Su questa nuova linea del Piave non mancheranno occhiute sentinelle alla Mahmoud. Contento lui di esercitare una ferma vigilanza democratica anche in una rievocazione storica che affonda le sue radici il 7 gennaio 1797, diciottesimo secolo dopo Cristo. Di sicuro, senza freni o remore, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (nella foto) non ha perso l'occasione per ribadire il suo amore genuino verso la «bandiera dei tre colori», cantata dagli eroi risorgimentali che ci hanno consegnato un Paese intero, a costo della loro stessa vita.
Il capo dello Stato ha ricordato un concetto limpido che merita la riproduzione integrale. Una sintesi asciutta, ma altissima, da leggere e commentare nelle scuole: «La Costituzione afferma, con l'articolo 12, il Tricolore come Bandiera della Repubblica, emblema del nostro Paese.
In essa si identificano quei sentimenti di coesione e identità nazionale e quegli ideali di libertà, democrazia, giustizia sociale e rispetto dei diritti dell'uomo che sono le fondamenta della nostra comunità e animano la coscienza civile nelle sue varie espressioni».Vogliamo discutere anche di questo?
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