Vi chiediamo uno sforzo di immaginazione. Provate a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se un docente universitario, ma anche un qualsiasi professore di una sgarrupata scuola di provincia, si fosse spinto su Facebook o su Instagram non tanto a rimpiangere l'eversione nera o il Ventennio fascista quanto soltanto a ricordare con nostalgia Silvio Berlusconi. Immaginate i sit in davanti a Palazzo Chigi, le raccolte firme, gli appelli del mondo dello spettacolo e dei circoli culturali, i picchetti dei centri sociali e dei collettivi studenteschi, le interrogazioni parlamentari. Tutti a pretendere le dimissioni di quel «fascista». Chissà se per quel docente sarebbe scesa in campo almeno Donatella Di Cesare, docente di Filosofia teoretica alla Sapienza che nei giorni scorsi ha rimpianto sui social la «rivoluzione» della brigatista Barbara Balzerani. Chissà se per quell'irrimediabile berlusconiano sul finire del berlusconismo avrebbe invocato, come ha fatto oggi per se stessa, la libertà di espressione e «l'autonomia dei docenti universitari» schierandosi contro la censura di Stato. Chissà se avrebbe condiviso i volantini degli studenti di destra, come ha fatto oggi con quelli affissi dagli anarchici al dipartimento di Filosofia. E chissà se li avrebbe postati anche se avessero avuto inequivocabili simboli tricolori, come ha fatto oggi sfoggiando a tutti i suoi follower una stella a cinque punte, versione in negativo di quella rossa delle Br. Chissà.
Vogliamo immaginarla coerente sin a questo punto ma la realtà e l'esperienza ci portano a pensare l'esatto contrario,
a immaginarla in tv, su La7, a fomentare l'odio di tutta la galassia rossa e sui social a chiedere la radiazione di quel professore. Colpevole di aver rimpianto il Cav e non certo una terrorista mai pentita o dissociata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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