Così si firma un contratto di schiavitù

A Padova una coppia si separa. E davanti al giudice spunta un "accordo di sottomissione"

Il gioco di ruolo prevede una schiava e un padrone
Il gioco di ruolo prevede una schiava e un padrone

Potenziali «schiavi» e candidati «padroni», prendete nota. Ora le vostre legittime aspirazioni possono - anzi, devono - essere messe nero su bianco.
Per semplificare le noiose procedure burocratiche è disponibile anche un facsimile di «accordo» che consente di risparmiare tempo prezioso, da dedicare magari a più eccitanti colpi di frustino. Benvenuti nel tragicomico mondo del «contratto di schiavitù»: una via di mezzo tra un «patto» fra porcelloni fuori di testa e un «impegno» dai profili legali tutt'altro che scontati.
Dinanzi alle «norme» più estreme del «contratto», l'unica reazione possibile è quella di riderci (o piangerci) su, bollandole come «giuridicamente irricevibili»; ma su altre «regole» che disciplinano il rapporto padrone/schiavo le cose sono più complesse: «Se eliminiamo il termine forviante di schiavitù - spiega l'avvocato Matteo Pascarelli, esperto in diritto di famiglia - ci sono molti punti del contratto che, se sottoscritti liberamente e in coscienza dalle parti, configurano veri e propri obblighi, con tanto di diritti e doveri tra i firmatari. Non invidio comunque il giudice chiamato a decidere sul caso specifico della coppia di Padova che presenta profili delicatissimi e, sotto alcuni aspetti, inediti per la giurisprudenza...».
Allora cerchiamo di capirla questa vicenda della «coppia di Padova». In sintesi è la storia di una «schiava» che si è ribellata. Ha spezzato le catene. Anzi, ha stracciato il «contratto» che prevedeva «l'assoluta e incondizionata dipendenza psico-socio-sessuale al suo padrone». Che poi era suo marito: già diventato una celebrità nel padovano, quasi quanto lo spritz. Del resto, per noi ammogliati, già è un'impresa giocare a calcetto con gli amici senza che la consorte ti rompa le scatole, figuriamoci riuscire a farle formare un «contratto di schiavitù». Inutile ribadire che il contratto di schiavitù ha un valore legale pari allo zero, ma poter custodire nel cassetto quel foglio firmato è comunque una bella soddisfazione morale. Scherziamo, ovviamente. E poi si sa come vanno le schiavitù fittizie. Dopo un po' la «schiava» comincia ad alzare la cresta e il «padrone» comincia beccarsi le sberle sul coppito. Insomma, addio divertimento. Con l'immancabile epilogo: l'ex «schiava (diventata volitiva come una Carla Bruni) e l'ex padrone (diventato accondiscendente come un Sarkò) finiscono davanti all'avvocato per chiedere la separazione. E lì, si sa, sono concessi anche i colpi bassi. Preferibilmente al basso ventre di lui. Esattamente ciò che ha fatto la trentaduenne padovana che - dopo aver giocato a fare la schiava Isaura per qualche anno - ha deciso di rinfacciare al «marito violento» il «patto consensuale di sottomissione» divenuto improvvisamente «prova dell'indole terribilmente pericolosa dell'uomo». Dipinto davanti al giudice come un soggetto dedito a «maltrattamenti e pratiche di stalking». Un bruto le cui sfumature di grigio - se non esattamente cinquanta - sarebbero almeno una quarantina; roba da scandalizzare perfino Erika Leonard.
Il protagonista di questa vicenda - riferiscono i quotidiani locali - è 41enne che gestisce locali pubblici, con una precedente denuncia per violenza sessuale; la sua ex compagna lavora come commessa. Si erano sposati nel 2006, ma già due anni prima, scoperto che la loro intesa erotica era ottimale, aveva deciso di firmare una sorta di accordo privato nel quale elencavano le 10 regole da rispettare. La prima, recitava pressapoco così: «La schiava accetta di concedere se stessa per soddisfare ed esaudire i desideri del suo padrone».
Poi però l'intesa, anche quella sadomaso, si affievolisce. L'unione matrimoniale naufraga, e i due nel 2011 si separano. Ma l'uomo non avrebbe mai accettato di chiudere la storia, continuando a «perseguitare» l'ex moglie, che l'ha denunciato per maltrattamenti in famiglia e stalking.


L'arduo compito che spetta al magistrato è ora quello di decidere - tra l'altro - quale forza probatoria abbiano le accuse di maltrattamenti di fronte ad un patto di schiavitù sessuale, anche se privato, che la donna aveva accettato e firmato. Intanto è stato deciso che, durante le udienze, nell'aula di giustizia vengano affisse le gigantografie di Rodopi, bellissima schiava di stirpe tracia, e del suo padrone, il faraone Amasis.

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