"Ne bis in idem". Per il principio che prevede la non processabilità di un imputato per lo stesso reato, i giudici della Corte d'Appello di Palermo hanno prosciolto l'ex presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
La Corte di Appello di Palermo, presieduta da Biagio Insacco, ha ritenuto che il politico fosse già stato giudicato per gli stessi fatti nel processo "Talpe alla Dda", in cui è stato condannato a 7 anni per favoreggiamento aggravato (pena che sta scontando al carcere romano di Rebibbia).
Il procuratore generale, Luigi Patronaggio, aveva chiesto la condanna di Cuffaro a 13 anni di reclusione, sostenendo che rispetto al processo precedente erano subentrati fatti nuovi, e in particolare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Stefano Lo Verso circa presunti appoggi elettorali di Cosa Nostra all’ex governatore.
"Aspetteremo le motivazioni della sentenza, e valuteremo se esistono i presupposti tecnici per una impugnazione in Cassazione", ha commentato Patronaggio.
In primo grado, nel febbraio dell’anno scorso, il Gup Vittorio Anania aveva disposto il proscioglimento di Cuffaro per la stessa ragione.
"Un processo è già una pena. Spero che due gradi di giudizio di merito con sentenze conformi non vi siano ulteriori ricorsi", ha spiegato l’avvocato Nino Caleca, difensore dell’ex presidente della Regione siciliana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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