Dieci anni fa a Bologna le Br uccidevano Marco Biagi

La sera del 19 marzo 2002 il giuslavorista veniva ucciso mentre rincasava in bicicletta. Napolitano: "Abbiamo un debito di riconoscenza". Il ministro Cancellieri: "Non era l'uomo del precariato ma della flessibilità e della sicurezza"

Dieci anni fa a Bologna le Br uccidevano Marco Biagi

Lo uccisero per le sue idee riformiste. Esattamente dieci anni fa. Marco Biagi aveva solo 52 anni e già una lunga carriera accademica alle spalle, tutta incentrata sul lavoro e le sue regole. Amava approfondire la legislazione degli altri Paesi, sviscerandone pregi e difetti e cercando di proporre novità utili al rilancio dell'Italia, per troppi anni ingessata a causa di rigidi schematismi, politici, sindacali e, soprattutto, culturali. A partire dagli anni Novanta iniziò a collaborare con le istituzioni politiche, prima la Commissione europea, poi il governo. Fu consulente di diversi esecutivi, senza guardare alla coloritura politica: collaborò con i ministri del Lavoro Treu, Bassolino e Maroni. Nel 2001, mentre con il governo Berlusconi era impegnato a elaborare una bozza di riforma del mercato del lavoro, fu chiamato da Romano Prodi a occuparsi del futuro delle relazioni industriali, in un gruppo di studio istituito dalla Commissione europea. Per la sua grande esperienza maturata sul campo del diritto del lavoro comparato, Biagi era molto conosciuto anche in Cina e in Giappone. Tutto questo, però, gli costò la vita (come tre anni prima era capitato al professor Massimo D'Antona): un commando di brigatisti lo uccise la sera del 19 marzo 2002, a Bologna, mentre rincasava in bicicletta, dopo una giornata di lavoro e di studio.

Gli assassini di Biagi

A eliminare Marco Biagi fu un gruppo di persone accecate dall'odio: pensarono di cancellare, con una manciata di proiettili, un pericoloso nemico del proletariato. Ignorando, però, che le sue idee avrebbero continuato a camminare anche dopo di lui. Nel 2006 la Corte d'assise d'appello di Bologna confermò l'ergastolo per Diana Blefari Melazzi, Roberto Morandi, Nadia Desdemona Lioce e Marco Mezzasalma (ventuno anni di reclusione a Simone Boccacini). Nel 2007 la quinta sezione penale della Corte di Cassazione di Bologna ha confermato il verdetto emesso in appello.

Napolitano: gli siamo riconoscenti

"È significativo e importante che la ricorrenza di un così tragico e doloroso momento venga colta per guardare anche al presente e al futuro, gettando luce sulla fecondità della ricerca e dell’impegno di Marco Biagi". È l’incipit del messaggio invato da Giorgio Napolitano alla vedova del giuslavorista, Marina Orlandi Biagi, in occasione di un convegno a Modena dedicato all'eredità del professore, organizzato dalla Fondazione a lui dedicata. "All’omaggio che così gli rende e al ricordo del suo sacrificio mi associo - scrive il Capo dello Stato - con profonda personale convinzione e con più che mai viva consapevolezza del debito di riconoscenza che le istituzioni repubblicane e la società civile conservano verso Marco Biagi, per il servizio da lui reso stoicamente al progresso culturale e sociale del paese, al moderno arricchimento del suo patrimonio di conoscenze, ad una più libera battaglia delle idee e alla soluzione di problemi di fondo della collettività nazionale".

Schifani: il suo sacrificio è un esempio

"Sono trascorsi dieci anni dall'uccisione di Marco Biagi - dice il presidente del Senato Renato Schifani - e ancora oggi il suo contributo alle riforme del mondo del lavoro rimane fondamentale per il nostro sistema produttivo. Il suo sacrificio e la sua moralità sono un esempio per tutti noi". E prosegue: "Ha tentato di trovare un equilibrio tra le esigenze della competitività e la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, la cui memoria costituisce un monito contro ogni forma di violenza e di terrorismo".

Cancellieri: non era l'uomo del precariato

"In questi dieci anni la sua figura è stata letta in molti modi - dice a Modena, dove ha partecipato a un convegno internazionale sul giuslavorista, il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri -. E' stata tirata da una parte e dall’altra vedendo un solo aspetto del suo pensiero, che è un pensiero molto grande e molto avanti nel tempo. Finalmente dopo dieci anni oggi Marco Biagi appartiene a tutti". Oggi emerge che lo studioso bolognese "era un uomo super partes, era uno del Paese che pensava alle cose giuste di cui il Paese aveva bisogno. È questa - ha detto ancora Cancellieri - è la sua vittoria più bella". Cancellieri ha voluto inoltre sottolineare che Biagi "aveva capito delle cose che ha pagato con la vita, il suo guardare oltre". Il ministro, nel suo intervento, ha poi ricordato i concetti che erano alla base della riforma del lavoro portata avanti da Marco Biagi nel suo libro bianco, ovvero la flex security: "Era l’uomo della flessibilità - ha proseguito - ma anche della security, non era l’uomo del precariato, voleva garantire comunque sicurezza, sicuramente oggi lo capiamo nella sua interezza".

Sacconi: uscire dal Novecento ideologico

Maurizio Sacconi, ex ministro del Welfare, in una lettera al Corriere ricorda così il professor Biagi: "Per uno scherzo del destino ci è data l’occasione di trarre dal suo consapevole sacrificio la forza per uscire definitivamente dal Novecento ideologico nel segno di un riformismo condiviso dai due grandi partiti popolari. Senza vinti né vincitori, se non i giovani cui aprire opportunità". Sacconi evidenzia poi il "robusto lascito progettuale che ancora oggi ispira il tentativo in corso di realizzare una sorta di ultimo miglio del faticoso percorso riformatore". L'ex ministro infine auspica di "produrre un nuovo, semplice, testo unico sul lavoro, ma soprattutto a chiamarlo, come Marco sognava, Statuto dei Lavori, di tutti i lavori".

Chiti: un riformista coraggioso

"Voglio ricordare il prezioso contributo che diede Biagi al nostro Paese - dice il vicepresidente del Senato Vannino Chiti (Pd) -. Fu un riformista coraggioso, uno studioso impegnato, un servitore dello Stato. L’impegno contro ogni forma di violenza, di terrorismo e di intolleranza deve vedere sempre uniti istituzioni e cittadini. Il professore lavorò a lungo alla riforma del diritto del lavoro ma purtroppo - prosegue l’esponente Pd - solo una parte dell’impianto che lui aveva in mente venne trasformato in legge: non è mai stata attuata la riforma degli ammortizzatori sociali che estenda a tutti i lavoratori le tutele né è stato messo in campo un sistema di formazione permanente". "Si tratta di due elementi - prosegue Chiti - indispensabili per assicurare che la flessibilità non si riveli, di fatto, una inaccettabile precarietà che colpisce i diritti dei lavoratori, offende la loro dignità e riduce il potere d’acquisto".

Bersani: omaggio a un innovatore

"Ricordare oggi Marco Biagi a 10 anni dal barbaro assassinio perpetrato dagli ultimi residui delle Brigate Rosse ci consente di rendere omaggio a un innovatore, a uno studioso appassionato della democrazia", dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Poi una punta polemica: "Non sempre la traduzione delle sue idee nella legislazione italiana è stata fedele, Biagi inseriva le proprie proposte in un disegno generale che prevedeva una profonda riforma del sistema degli ammortizzatori sociali che non è stata realizzata; è stata usata solo l'idea di una maggiore flessibilità, traducendola in provvedimenti che non hanno reso giustizia alla visione più complessiva di Marco Biagi". Infine l'esortazione a proseguire nel dialogo e nel confronto, contro ogni forma di violenza. "L'estremismo violento è un veleno che per troppo tempo e per troppe volte ha corroso la democrazia italiana, giocando ogni volta, come i lavoratori e i cittadini sanno sulla propria pelle, a favore di una stabilizzazione conservatrice".

Il professor Biagi è riuscito solo ad avviare il percorso, difficile ma indispensabile, della riforma del mercato del lavoro italiano.

Lo ha fatto sotto il profilo tecnico, nell'elaborazione delle proposte, ma anche (ed è tutt'altro che secondario) dal punto di vista dialettico, scrivendo sui giornali e spiegando l'importanza del cambiamento. I terroristi lo tolsero di scena con la violenza. Ma gli sconfitti dalla storia sono loro.

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